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Il diario di un curato di campagna

Regia di Robert Bresson vedi scheda film

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La recensione su Il diario di un curato di campagna

di mm40
6 stelle

Bresson, dopo una pausa durata un lustro (il precedente Perfidia è del 1945), torna al cinema con l'adattamento di un romanzo di Georges Bernanos. Una storia, anche questa volta, di fede (certa) e convinzioni (che vacillano) su un'umanità sfuggente, smaniosa, turbata. E peccatrice, profondamente peccatrice. Una messa in scena di una sobrietà spettrale, una narrazione affidata alla prima persona (vergata sul diario da cui il titolo), un personaggio perennemente irrisolto (in linea con quello del testo originale, d'altronde): questi i limiti - non necessariamente punti deboli - del lavoro. Ma ci sono anche il magistrale sconforto nell'espressione di Claude Laydu (che ciononostante non ebbe molto successo nel cinema, trovando la sua strada nel teatro), povero cristo che conclude prematuramente - e fra insoddisfacenti relazioni umane, dubbi, tormenti e delusioni - una vita da povero Cristo, dal facile parallelismo con la passione patita dal figlio di Dio. Il cancro che lo divora all'interno è in fondo assimilabile alla piaga di una società - all'esterno - miscredente, diffidente, ottusamente chiusa in sè: così come Gesù si ritrovò a predicare per pochi e ad essere malinteso dai tanti, il protagonista di questo film vive un analogo percorso esistenziale, stroncato con largo anticipo sui tempi imposti dalla natura. "Che importa? Tutto è grazia", sono le ultime parole del curato (il cui nome di battesimo non viene mai esplicitato), che rivelano il suo status di illuminato dalla fede, lieto (grato, appunto) dell'esperienza seppur breve e faticosa concessagli sulla Terra. Uno dei titoli più noti del regista, nonchè suo terzo lungometraggio, ormai prossimo alla cinquantina (classe 1901); ricevette un premio di matrice cattolica (Ocic) a Venezia. 7/10.

Sulla trama

Giovane curato, mandato in un paesino, affronta a viso aperto i nuovi compaesani: ipocriti, senza fede, chiusi in sè stessi, faranno traballare le poche, ma fino a quel momento salde convinzioni del prete. E intanto il cancro lo sta divorando.

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