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Il diario di un curato di campagna

Regia di Robert Bresson vedi scheda film

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La recensione su Il diario di un curato di campagna

di steno79
9 stelle

Il film è la prima opera importante di Robert Bresson ed è tratto dal celebre romanzo di Georges Bernanos, narratore e polemista francese rappresentante di un cattolicesimo vivace e tumultuoso, anticonformista e antesignano di quello che verrà definito il “cattolicesimo esistenziale”. Il protagonista dell’opera, il giovane curato di Ambricourt, è una figura complessa e tormentata, in cui l’anelito al bene si scontra con la coscienza del male e l’intricato labirinto delle passioni umane, entrambi a premessa comunque della salvezza. La struttura del film si avvicina a quella di una Via Crucis, in cui ogni scena rappresenta una stazione e le analogie con la Passione di Cristo sono evidenti. Tuttavia, nonostante la forte enfasi sui valori spirituali dell’opera, il film può comunicare agevolmente le sue tematiche e i suoi contenuti anche ad uno spettatore non credente. Infatti, l’incredibile ostilità e le umiliazioni a cui il prete è sottoposto e la serenità a cui arriva prima della morte sono situazioni in cui tutti possono in qualche modo rispecchiarsi. Il fatto che il regista scelga di apporre nelle ultime inquadrature del film l’ombra di una croce piuttosto che una scena istrionica del prete colto dagli spasimi della morte o della gente che piange di fronte alla bara rappresenta non solo un’attestazione religiosa, ma anche una scelta estetica profondamente morale.
Secondo il regista, l’ambizione del film è quella di creare il soprannaturale muovendo dal reale. Il messaggio dell’opera, che è comunque indiretto e come lasciato in sospeso, se si eccettua la dichiarazione che chiude il film, si affida a un costante scavo nella natura circostante e nei volti dei personaggi. La ricostruzione degli ambienti e il percorso degli esseri umani che popolano il villaggio si richiamano a un minuzioso realismo : mai, in nessun momento, si ha l’impressione di assistere a una parabola o a una dichiarazione di fede. Il tema principale resta quello della solitudine e dell’impotenza dell’uomo di fronte al male e alla disperazione, impotenza che può essere spezzata con un sacrificio che assume i caratteri della gratuità e del dono volontario e dettato dal libero arbitrio. La cultura di cui è impregnato il cinema del regista discende dal giansenismo : se il peccato originale ha irrimediabilmente macchiato l’uomo, non rimane che il soccorso (l’eventualità) della Grazia per redimerlo, quando e dove Dio voglia, giacché nulla si può fare per invocarla né per ottenerla. L’uomo è, per questo, schiavo di se stesso, e del peccato di cui non ha colpa. Nelle opere seguenti del regista, tuttavia, il pessimismo sulla possibilità dell’uomo di salvarsi con le sue sole forze andrà crescendo, insieme ad un margine di libertà sempre più ristretto lasciato agli esseri in balia di forze non controllabili. voto : 9

Sulla trama

Un giovane prete cattolico dalla salute declinante è assegnato alla parrocchia di un piccolo villaggio di campagna, Ambricourt (sul confine tra Francia e Belgio), dove la gente sembra aver perso la fede e lo accoglie con scetticismo o aperta ostilità. Il sostegno di un prete più anziano e di un dottore tentato dal suicidio gli alleviano le difficoltà del suo ministero, ma, mentre cerca di attendere ai suoi compiti, la sua salute peggiora. In alcuni incontri con i membri di una tormentata famiglia aristocratica, il prete riesce a liberare da un dolore straziante una Contessa ma si attira le ire e il disprezzo dei suoi parenti. Infine, la salute del sacerdote diviene così grave che egli è costretto a recarsi a Lille, dove gli viene diagnosticato un cancro allo stomaco in fase avanzata e dove è ospitato da un suo vecchio compagno di seminario ormai spretato e dalla sua dolce compagna. Prima di morire, il prete trova la pace dello spirito, cosicché, nel momento supremo, egli potrà andarsene dicendo : “Che importa, tutto è Grazia”.

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