Regia di Walerian Borowczyk vedi scheda film
Borowczyck sembra voler celebrare una ricerca del piacere (e del vizio) al di la della morale, con uno stile distaccato e quasi ieratico, ma che sembra al contempo tradire un perverso compiacimento nel contemplare i vari modi in cui l'uomo ama declinare l'eros per il proprio piacere (vedasi la massima di La Rochefoucauld che apre il film).
Ma ciò che conta non sono tanto le storie che ci vengono narrate nei quattro episodi del film (a volte neanche particolarmente brillanti), quanto il modo in cui Borowczyck esprime in immagini l'erotismo, anche attraverso un raffinato gusto pittorico nell'uso del colore, tipico del regista.
Borowczyck fissa ossessivamente la macchina da presa sui particolari anatomici, rinchiudendo brandelli di corpo dentro l'inquadratura come se volesse farli esplodere, per sottolineare ed esaltare la forza travolgente dell'erotismo. Abbastanza raffinata l'idea visiva alla base del primo episodio, tutto basato sul parallelismo fra il crescere dell'eccitazione e l'innalzarsi della marea (e sui primissimi piani della bocca sensuale della ragazza); il secondo episodio è invece tutto incentrato sul corpo bianco latteo e formoso dell'imminente beata, di cui viene esaltato il candore innocente e al contempo la violenta sensualità, in una sorta di danza selvaggia fra quest'ultimo e la macchina da presa; notevole l'impatto cromatico del terzo episodio, il più celebre, dominato dal rosso purpureo degli interni e dei bagni di sangue della contessa, che all'inizio ci viene presentata come una inquietante e minacciosa presenza foriera di morte; così come anche quello dell'ultimo, e francamente meno interessante episodio, poco più che uno scherzo bunueliano infondo piuttosto gratuito e fine a sè stesso, interessante appunto soltanto per la forza dei colori che caratterizzano i costumi sgargianti del Papa e della sua corte, e che ne sottolineano la sfarzosa decadenza.
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