Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film
Il film che meglio incarna il pessimismo cosmico bergmaniano. Dove si contemplano la via crucis e le umiliazioni lavorative ed amorose di un direttore del circo e della sua amante. Al protagonista della “serata del saltimbanco” (così suonerebbe, letteralmente, il titolo originale) non è dato altro che una reazione, destinata a risolversi in un patetico pestaggio, che assume i connotati dello spettacolo circense. E non ci sarà neppure la catarsi del colpo di pistola, destinato, invece, a porre fine ai giorni del vecchio e malato orso del circo. In questo film, anche l’amore, lungi dall’essere fonte di consolazione, è radice di ulteriori umiliazioni per i personaggi bergmaniani. Stilisticamente debitore dell’espressionismo e del cinema di Dreyer, “Una vampata d’amore” anticipa di un anno “La strada” di Fellini, con il quale ha quanto meno una certa somiglianza di tematiche. Inquietante fin dal prologo, ambientato su una sabbiosa spiaggia della Svezia (dove un clown del circo dà una lezione di dignità ai militari dell’esercito, che si prendevano gioco di sua moglie), questo di Bergman è un film cupo, ma riuscito.
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