Regia di Robert Altman vedi scheda film
In una caserma dove si addestrano le reclute in partenza per il Vietnam, nel giro di due giorni, le tensioni si accumulano al punto da sfociare in due omicidi. Uno pensa d’istinto che Matthew Modine + Vietnam debba dare necessariamente come risultato Full metal jacket, e invece qualche anno prima c’era stato anche questo Altman minore: un dramma da camera, tutto chiuso in una baracca degli alloggiamenti, dove si svolge un gioco al massacro fra due bianchi (un intellettuale e un gay) e due neri (un tipo tranquillo e un violento), mentre due sergenti burloni e sempre ubriachi fanno da elemento di disturbo. Il Vietnam è un luogo virtuale, quasi un puro pretesto: se ne parla in continuazione, ma potrebbe trattarsi di qualunque altra guerra. Anzi, tutto sommato non si direbbe neanche un film antimilitarista: manca un personaggio tipico come il terribile istruttore, non si mette l’accento sulla spersonalizzazione dei soldati, e le dinamiche umane che intercorrono fra i personaggi potrebbero avere luogo anche nella vita civile. Ma la cosa veramente insopportabile è la sceneggiatura: dialoghi esagitati, protratti oltre ogni ragionevolezza, e primi piani su volti urlanti, il tutto per quasi due ore. Diciamo che Altman avrà voluto scientemente realizzare l’autoparodia di M.A.S.H., e continuiamo pure a volergli bene.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta