Regia di Robert Altman vedi scheda film
Popeye approda a Sweethaven in cerca del padre, che lo ha abbandonato trent’anni prima: si scontra con una comunità autarchica e xenofoba, governata dal terribile Bluto per conto di un Commodoro che nessuno ha mai visto, ma per fortuna conosce anche la goffa Olivia e il trovatello Pisellino. Strano film, ma in fondo non sgradevole: difficile rimproverargli di assomigliare troppo a un fumetto, dato che l’intenzione era esattamente quella. Meglio lasciar perdere il sottotesto politico, introdotto dalla canzoncina iniziale (“E ci piace star così, senza democrazia: chi una volta viene qui non se ne va più via”) ma poi perso di vista, se si esclude il personaggio dell’esattore delle tasse che multa ossessivamente i comportamenti più naturali: è in sostanza una fiaba vagamente antiedipica, con un eroe senza madre che sconfigge il cattivo, conquista la bella e si riconcilia con il padre. Come di consueto, Altman dà il meglio di sé nelle (poche) scene corali che descrivono l’ambiente bislacco della casa di Olivia; ma il tentativo di rovesciare il cliché (Popeye si rifiuta di mangiare gli spinaci!) è ingenuo, i numeri musicali aumentano un tasso di irrealtà già molto alto, i bisticci verbali dell’edizione italiana sono stucchevoli. Bravi invece gli attori, e impressionante soprattutto l’abilità mimetica di Shelley Duvall: un’Olivia diversa da lei sarebbe stata impensabile.
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