Regia di Abdellatif Kechiche vedi scheda film
Titolo emozionante di come parla dell'adolescenza, delle 'beghe' adolescenziali, dei drammi sociali in certe periferie. Ma il dramma è solo il contenitore perché il centro del film è l'età inquieta, con i suoi slanci, le ansie, le inquietudini di un periodo di passaggio che simbolicamente obbliga anche la sceneggiatura a non avere un vero e proprio finale, perché l'essenza di questo frammento vitale è l'evoluzione 'da' 'a'... E' questo il problema... La Schivata così non 'finisce' e con un gran colpo di coda rimane sospeso. E poi la traccia teatrale con le relative lezioni della maestra, spiegando la valenza sociale e politica che ingabbia le emozioni umane, danno allo sguardo un sapore ancora più intenso. Il concetto di 'vero' per quanto possa essere complesso e soggettivo, diventa irresistibile. Finalmente si parla di attrazioni, libere, potenti, sincere, oltre le gabbie sociali: come Arlecchino, i teen di Kechiche sono sciagurati ma allo stesso tempo puri. Questa spontaneità si sente molto nei dialoghi, volgari, effimeri, banali, si vede nei comportamenti verosimili dei protagonisti, si subisce nel pugno allo stomaco dell'irruzione nella storia della polizia, che riporta alla tragica visione reale il contesto della vicenda. Il grigio dei cieli e delle periferie invernali domina, ma il calore dell'animo umano senza briglie è capace di dare un senso positivo a qualunque cosa. Commovente.
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