Regia di Stefano Mordini vedi scheda film
Marco e Silvia sono sposati e hanno due figli piccoli. Lui lavora come operaio carrellista, lei fa la casalinga ma è depressa, non pulisce casa, non manda i figli a scuola. La madre di lei allora riesce a farsi affidare la figlia maggiore. Silvia finirà prima a fare un figlio con un marinaio dell’Est, poi in un istituto per ragazze madri. Marco intanto si rivolge a un mago. Su un plot da Donne al bivio, si innestano strizzatine d’occhio a Antonioni-Visconti-Fellini, simbolismi animali (cani, iguane, pulcini) e interminabili dialoghi socio-psico-patologici in bocca ad attori super-gigioni. I personaggi, mai davvero amati e compresi, finiscono per sembrare solo due balordi; perfino il paesaggio (post)industriale di Ravenna non respira sullo schermo. Finale stracult: Accorsi (nascostosi in un cespuglio per scappare dal marito geloso della centralinista di un mago) si imbatte in una maratona notturna, prende il posto di un corridore esausto, telefona col cellulare a casa durante la corsa per fare affacciare la moglie e passando, sfinito e sudato sotto casa, forse la riconquisterà. Chissà cos’avevano per la testa i selezionatori di Berlino quando hanno scelto questo film per il concorso.
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