Regia di Jean-Luc Godard vedi scheda film
Marie (Myriem Roussel) è una ragazza che gioca a basket e aiuta il padre a gestire una stazione di servizio. É ancora vergine ma un uomo misterioso di nome Gabriele (Philippe Lacoste) gli annuncia di essere in attesa di un bambino. Il fidanzato Joseph (Thierry Rode) fatica a credere all'accaduto ma, appurata la buona fede di Marie e la sua ferma volontà di rendersi partecipe di un disegno che si pone al di sopra delle capacità umane, la segue in questo staordinario percorso che gli è capitato di dover fare.
Moderna rivisitazione del tema dell'Annunciazione condotta con garbo da un Jean-Luc Godard affatto irriguardoso nei riguardi della religione cattolica, anzi, assai attento a dare una lettura, tanto rispettosa dei precetti cristiani, quanto intimamente legata al contingente. "Io sono una Vergine, ma la mia non è stata una scelta. Ho fortificato la mia anima per esserlo. Questo è tutto". Godard punta su uno dei cardini del dogmatismo cattolico per parlare della necessità di darsi convintamente a una ricerca di se come essere potenzialmente capace di tutto, anche di arrestare, in un tempo di reiterata mercificazione dei corpi, l'irreversibile decadenza dell'uomo moderno. Il vero protagonista del film è il corpo nudo di Marie, un corpo bellissimo, mostrato con un pudore che difficilmente mi è capitato di vedere altrove e portato a muoversi con una naturalezza che sembra proiettarlo sino all'inizio dei tempi. Marie si concede devota al suo corpo, fino a creare una dissociazione evidente tra corpo e mente, come se il primo orientasse i movimenti del secondo, come se tra corpo e anima si fosse creato un rapporto inscindibile, come se il corpo, diventando un'entità altra, desse forma a uno spazio tendente alla ricerca del perfettibile. "Je vous salue, Marie" è un film laico filtrato attraverso i contenuti della religione cattolica e questi due aspetti trovano il vicendevole compendio nella tecnica cinematografica usata da Godard : nell'uso preponderante di dialoghi sussurrati piuttosto che espressi a viva voce e, soprattutto, nella macchina da presa fissa sul corpo nudo di Marie, un corpo che respinge ogni agente peccaminoso (come la mano indagatrice di Joseph) per accoglie solo carezze, come se esso conducesse alla sacralizzazione di ogni gesto disinteressato, a un nuovo umanesimo. Credo che Godard abbia voluto dire che è necessario riappropriarsi del dominio dei nostri corpi e intendere lo spazio che esso occupa nell'universo, grande o piccolo che sia, come un qualcosa da conservare con estrema cura : perchè dalla bontà di questo esercizio, etico e spirituale insieme, può addirittura dipendere la salvezza del mondo.
L'incontro con l'arte è sempre un'incontro con la semiologia, ovvero, con quell'insieme di segni che una determinata espressione artistica produce e che ognuno interpreta secondo una propria particolare percezione delle cose o stato emotivo. Quando questo naturale esercizio ermeneutico porta a delle conclusioni ragionevoli e ben motivate, si può pacificamente asserire che esso è stato condotto nel pieno rispetto dell'intelligenza e dell'autonome capacità critiche di ognuno. Ciò detto, aggiungo che ci sono degli artisti che più di altri rendono difficoltoso l'esercizio delle facoltà interpretative indicate e ritengo che Jean-Luc Godard sia uno di questi. Il suo essere naturalmente incline alle sperimentazioni sulle immagini e sul linguaggio, il suo agire dentro e fuori le cose del cinema secondo un anticonformismo che è, tanto il segno più tangibile della sua volontà di innovarsi e di innovare continuamente, quanto il frutto di un amore totale per il cinema, danno corpo a un percorso cinematografico più difficilmente qualificabile attraverso una poetica che abbia il crisma di una coerenza stilistica protratta nel tempo. Tutto questo per sottolineare che io ho tentato una lettura di "Je vous salue, Marie" di Jean-Luc Godard e, mentre spero di aver usato argomenti ragionevoli e ben motivati, metto in conto l'evidente possibilità di non esserci riuscito.
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