Regia di Jean-Luc Godard vedi scheda film
Verboso, noioso, francese, legato ad un periodo storico che ha avuto i suoi pregi ed i suoi (ahimè molti) difetti e poco esportabile ad un periodo diverso quale quello d'oggi. Quando l'ironia si affida a parabole così astruse, per stigmatizzare le idee confuse dei personaggi, perde sé stessa e smarrisce la sua funzione. La Cina non è mai stata così lontana come da questo gruppuscolo di nichilisti sinofili che, con i loro discorsi vacui ed i loro comportamenti incongruenti, hanno favorito la repressione e la restaurazione, anziché la rivoluzione permanente di Mao. Ad idee così confuse, Godard contrappone - come recita una didascalia che si legge nel film - immagini chiare e nitide (con colori così brillanti che sembrano usciti dalla lavatrice con l'ultimo detersivo alla moda), ma di una banalità sconcertante. Non si fa un favore al regista parigino quando si afferma che questo "La cinese" è il paradigma del suo cinema e peraltro è fare torto ad un artista (che non amo né ammiro, ma che rispetto) che è sul campo da cinquant'anni arrogarsi il diritto di stabilire quando sia godardiano e quando non lo sia. Così come nei primi anni del secondo dopoguerra, molti filosofi e politologi (primo fra tutti l'Althusser citato nel film) si scannarono per stabilire in quali opere Karl Marx forse marxista e dove invece non lo fosse.
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