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La cinese

Regia di Jean-Luc Godard vedi scheda film

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La recensione su La cinese

di steno79
8 stelle

Godard è stato un regista incline alla sperimentazione fin dal suo esordio con A bout de souffle, ma nel corso degli anni '60 i suoi film divennero sempre più politicizzati. La Chinoise fu presentato a Venezia nel Settembre del 1967 e prefigura un clima politico che sarebbe sfociato nella rivolta studentesca del Maggio 1968.
Un gruppo di giovani di estrazione piccolo-borghese forma una cellula Maoista nell'appartamento lasciato libero da una coppia di genitori in vacanza, e passano le loro giornate dipingendo slogan sulle pareti, leggendo il Libretto rosso di Mao e cercando di propagandare la filosofia Marxista-Leninista. Il comportamento dei giovani è votato all'anti-conformismo, ma non privo di contraddizioni: fra gli altri si distinguono Guillaume (Jean-Pierre Leaud), un attore proveniente da una famiglia benestante che crede nella necessità dell'azione violenta, anche se sarebbe propenso soprattutto ad esercitare la sua attività con una nuova forma di Teatro Socialista ispiratto dal modello brachtiano; Yvonne (Juliet Berto) che è entrata nella cellula per sfuggire ad una vita mediocre in provincia, ma che non ci si trova del tutto a proprio agio e talvolta ricorre alla prostituzione occasionale; Veronique (Anne Wiazemsky), figlia di un agiato banchiere, che predica la rimozione violenta del sistema capitalista, ma è già pronta per gli studi universitari e una carriera lavorativa di alto profilo.
Pur essendo l'argomento del film piuttosto impegnativo, Godard lo propone in una maniera volutamente leggera, a tratti quasi divertente. I personaggi sono delineati in maniera essenziale ma efficace, spesso ci sono unghiate satiriche e tocchi di "humor nero" che lasciano il segno. Le immagini di Raoul Coutard hanno una finezza compositiva insolita e sfruttano ottimamente la risorsa della fotografia a colori; come in altre opere del regista, ci sono molte citazioni letterarie e visive, slogan, didascalie, perfino una lunga intervista al filosofo Francis Jeanson (che ricorda quella a Brice Parain in Questa è la mia vita): anche se inevitabilmente si avverte una certa ripetitività e un eccesso di chiacchiere, il film funziona in virtù di uno stile straniante, provocatorio e, in ultima analisi, piuttosto lucido (Godard non nasconde mai l'ingenuità e la pericolosità dell'esaltazione politica dei suoi personaggi). Nel cast si distingue soprattutto Anne Wiazemsky che sposò Godard poco dopo la fine delle riprese e che avrebbe girato altri film sotto la sua direzione, anche se La chinoise resta senz'altro il più significativo della loro collaborazione artistica.
voto 8/10 

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