Regia di Jean-Luc Godard vedi scheda film
A tanti anni di distanza, "Une femme mariée" rimane fra i film importanti del Godard anni 60, un'analisi sociologica e insieme poetica del malessere femminile che non è invecchiata, un toccante ritratto di una donna divisa fra un marito e un amante nel momento in cui scopre di essere incinta e non sa di quale uomo possa essere il bambino in arrivo. È un'opera che guarda molto al precedente "Questa è la mia vita", soprattutto per quanto riguarda la destrutturazione del racconto in quadri staccati e quasi autonomi, tanto da portare il sottotitolo "Frammenti di un film girato nel 1964". Godard è coerente ad uno stile ormai puntuale e definito, che forse non ha più la novità incendiaria dell'esordio rivoluzionario di "A bout de Souffle", ma conserva molti tratti distintivi facilmente riconoscibili, in particolare lunghi dialoghi in cui i personaggi mettono a nudo la propria anima e i propri sentimenti, il ricorso articolato alla citazione, qui in particolare di autori come Molière e Racine, la frammentazione di alcuni passaggi salienti in piccoli momenti rivelatori. Il film è un'analisi che cerca di esporre in termini oggettivi la situazione di questa donna indecisa sull'amore per due uomini molto diversi, un pilota d'aereo che ha sposato e un attore di cui sembra ugualmente avere un forte bisogno affettivo, e al contempo ci mostra la sua alienazione all'interno della società dei consumi, simile a quella di Nanà nel citato "Vivre sa vie" o della Juliette di "Deux ou trois choses que je sais d'elle". Alla suggestione dell'insieme, che non esclude qualche momento un po' troppo didattico, contribuisce la magistrale fotografia in bianco e nero, a tratti monocromatica, di Raoul Coutard e un ottimo cast in cui spicca Macha Meril, giovane ma di forte espressività, e buone prestazioni di Philippe Leroy e Bernard Noel nei ruoli del marito e dell'amante, fra cui si ricorda soprattutto quest'ultimo. In mezzo alla copiosa produzione godardiana questo film risulta forse un po' dimenticato, ma meriterebbe una riscoperta per i suoi temi ancora attuali e per l'ottima padronanza formale, che all'epoca suscitò l'apprezzamento anche di colleghi come Antonioni alla mostra di Venezia del 1964.
Voto 8/10
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