Regia di Jean-Luc Godard vedi scheda film
Emile Rousseau e Patricia Lumumba chiacchierano a ruota libera su uno sfondo nero mentre si vedono le immagini più disparate, il tutto per l’intollerabile durata di un’ora e mezza. Per alcuni anni a partire dal 1968 Godard si è completamente bevuto il cervello, piegando la sua inventiva al servizio di opere astrattamente militanti che oggi appaiono più datate dei fratelli Lumière (uso il termine generico “opere” perché non sono film, e a dir la verità neanche fingono di esserlo). Si potrebbe usare un po’ di indulgenza verso questi documenti di una stagione di speranze e di entusiasmi, se ci fosse l’ingenuità sorgiva che ci aspetteremmo di trovare: invece ci sono pesantezza ideologica e ottuso semplicismo, qualità riscontrabili negli slogan di una qualunque manifestazione di piazza. Senza contare l’angusta autoreferenzialità: gira gira, si finisce sempre per parlare di cinema.
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