Regia di Sergio Martino vedi scheda film
La premiata bottega cinematografica italiana deve andar semi-lusinghiera di questo film di Sergio Martino. Infatti la storia non è che una variante ecologista de “Lo Squalo” di Spielberg, e tra l’altro ne anticipa il terzo episodio dell’83. Da Spielberg, il nostro artigiano di genere, prende anche l’impianto narrativo con il cattivo speculatore affidato ad un Mel Ferrer in livrea Henry Fonda, con il protagonista a cui nessuno crede, con gli attacchi mortali ridotti all’osso per ingigantire la tensione di attesa per la minaccia. Qualche ripresa subaquea per simulare la soggettiva del coccodrillo e “Il Fiume del Grande Caimano” è pronto per spopolare il cinema bis italiano ed essere venduto all’estero. La fattura finale non è egreggia, per via dei pochi mezzi produttivi che hanno ingabbiato la messa in scena in una situazione primitiva rispetto le acquisite abilità dell’epoca. Ma il film di Martino può andar lusinghiero di essere il primo film ad inaugurare il sottofilone dei crocodile-movies, di natura horror s’intende, che raggiungeranno l’apice con i due famosi “Alligator” americani. Va detto che il Maestro Tobe Hooper, nel 1976, aveva già abbozzato un horror in cui la presenza di un coccodrillo era sia l’elemento destabilizzante per la narrazione, sia il catalizzatore per una variante estetica. Così, sia sul piano narrativo, che simbolico (è un horror), che estetico e iconografico, Hooper compie il primo passo verso questo sottofilone. Solo che la centralità della vicenda, e del contenuto narrativo, rimane saldamente legata alla figura del mitico Neville Brand, folle assassino della pellicola. In “Il Fiume del Grande Caimano” invece, è il coccodrillo gigante ad essere il centro del film, da cui poi tutto, dalla narrazione, al simbolismo, all’estetica e all’iconografia, parte e si rifà.
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