Regia di Kenji Mizoguchi vedi scheda film
La quotidianità ambigua, crepuscolare, anomala: già in questo film del 1936 è presente, da protagonista, il tema principale della cinematografia di Mizoguchi, sempre profondamente radicata nelle problematiche sociali. La storia si intreccia intorno ai classici dilemmi di un’umanità attanagliata dalla necessità materiale e indotta a compromessi morali, e indecisa tra ciò che è più giusto, ciò che è più proficuo e ciò che è più decoroso. Il personaggio della geisha Omocha è il tipico esempio di una presenza che divide il mondo in tre categorie: l’io (che cerca la felicità), il tu (che è la controparte) e la gente (che non può fare a meno di esprimere giudizi). In questo caso, l’io si pone al vertice del triangolo, architettando trame e intessendo falsità, credendo così di poter avere la meglio sui suoi diretti interlocutori: la sorella-collega Umekichi (che per lei rappresenta un ostacolo ai propri progetti) e gli uomini suoi clienti (che considera soggetti da sfruttare per il proprio tornaconto). La sua visione, distorta dall’egocentrismo, non tiene presente che anche gli altri sono individui e, in quanto tali, capaci di pensare e di reagire. Lei vede se stessa come una persona, circondata da tanti personaggi, e la sceneggiatura riproduce fedelmente questa idea, dando vita ad una sorta di teatrino delle marionette, in mezzo a cui lei è l’unico essere di cui si riescano a cogliere i sentimenti (deviati) e le riflessioni (utilitaristiche). Forse è questo il motivo per cui il film appare scarno, con una regia distante che mette a fuoco l’insieme trascurando i dettagli e le sfumature. In effetti Le sorelle Gion vuole solo essere il resoconto di una storia emblematica e funzionale al messaggio conclusivo: l’animo ferito diviene crudele e allora sbaglia a proprio danno, però la colpa non è soltanto sua. Una morale che suona come una denuncia, e che certo perderebbe di perentorietà se emergesse, anziché dall’asciutta cronaca dei fatti, dai mezzi toni di una divagazione letteraria.
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