Regia di Kenji Mizoguchi vedi scheda film
Come afferma Dario Tomasi nel suo Castoro, questo film ha ricevuto critiche negative da due importanti critici del lavoro di Mizoguchi Kenji: Noel Burch pensa che il film flirti troppo con il canone occidentale di messa in scena; Donald Kirihara accusa il film di sottomettere la psicologia individuale dei personaggi alle necessità del discorso realistico-sociale.
Penso di essere d'accordo con Kirihara: anche se Mizoguchi prova a dare spazio al personaggio di Ayako, per farlo respirare (la grandissima sequenza della stazione), il ritmo usato per cambiare scena è troppo rapido, e i plot twist sono narrattivamente troppo incisivi per essere così lesti (immediatamente dopo la scena della stazione, non solo scopriamo che Ayako ha accettato di aiutare il fratello, ma anche che il padre è così assurdamente egoista da voler nascondere i soldi che la figlia si è procurata per il figlio). Rispetto a Il filo sospeso della cascata e O-sen, in cui la tragedia prevaleva sul commento sociale, il realismo avrebbe avuto bisogno di maggiore durata; invece, la durata minore (70 minuti contro i 90-100) taglia violentemente il dramma, trasformando in traumi quelle che avrebbero dovuto assomigliare più a exploit melodrammatici. L'approccio realista dovrebbe giusticare questi tagli netti, ma non giustifica l'assurda crudeltà di tutta la storia, decisamente più adatta a un melodramma.
In ogni caso, è un passo importante per la filosofia del "melodramma distante" che definisce l'intero lavoro del grande regista giapponese: questa formula troverà molto più equilibrio nei film successivi, quando i discorsi realistici non scompariranno ma verrano sublimati e portati a un candore iperbolico perfetto (uno per tutti, 'Flame of My Love').
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