Regia di Kenji Mizoguchi vedi scheda film
Un bozzetto dai tratti ingenui, vivaci ed amari, per inaugurare, nel cinema di Mizoguchi, il filone dedicato alle cose sbagliate che si fanno per amore. Come spesso accadrà, nelle sue opere successive, la donna riveste il triplice ruolo di vittima, colpevole ed eroina, ossia di colei che, costretta dalle circostanze avverse, si mette a giocare sporco, però a fin di bene. Un padre licenziato per malversazione è il tratto che accomuna Ayako, la giovane impiegata protagonista di questo film, e una delle geishe de La strada della vergogna, ultimo film di Mizoguchi, realizzato vent’anni dopo. La femminilità è, e resterà sempre, per questo autore, una condizione di svantaggio all’interno di una società dominata dagli uomini; però le provocazioni e le umiliazioni forniranno, alle donne particolarmente forti e intuitive, lo spunto per intraprendere una personale lotta contro l’ingiustizia. Ognuna combatterà per sé, prefigurando, però, in maniera via via più netta, la possibilità di un riscatto globale dallo sfruttamento, dall’oppressione, dalla presunta inferiorità. La portata della ribellione è destinata a crescere: dalle goffe iniziative di Ayako, che si sacrifica nel silenzio, ma in fondo ha la mentalità di una bambina che dice le bugie e poi si vergogna, si passerà al coraggio della protagonista de Le donne della notte, che al piagnisteo infantile sostituirà la sfida aperta contro un sistema che le nega ogni dignità. Elegia di Osaka ha l’aspetto di un film acerbo, forse perché eccessivamente esplicito nell’enunciazione de suoi intenti critici; in altri termini, la sua sostanza morale vi appare come materia nuda, priva della prestigiosa copertura dell’arte. Ma questa caratteristica, mettendo in primo piano il contenuto rivoluzionario, ne fa un robusto ed inequivocabile caposaldo del nuovo cinema giapponese.
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