Regia di Akira Kurosawa vedi scheda film
L'ho visto spinto dalla curiosità di scoprire le analogie con StarWars, oltre al fatto che i film di Kurosawa sono una meraviglia da un punto di vista puramente figurativo. La sequenza introduttiva è da sola un capolavoro cinematografico. Un guerriero inseguito dai nemici irrompe nello schermo. Il suo volto è una maschera che sintetizza in un sol colpo gli orrori della guerra. Per cui di fronte alla viltà dei due fuggiaschi protagonisti, che assistono alla scena, abbiamo da subito un moto di simpatia e compassione. Un po' come per i protagonisti del film "La grande guerra". La prima analogia con StarWars ha a che fare con la location e la caratterizzazione comica della coppia, che ha ispirato la creazione dei droidi C1-P8 e D3-BO - anche qui tentano di prendere strade diverse per, poi, ricongiungersi dopo essere stati catturati. La storia si svolge intorno al salvataggio di una sedicenne principessa scortata dal suo fedelissimo samurai a cui si aggiungono i due litigiosi vagabondi, cooptati con l'esca dell'oro, proprio come accade con Han Solo. Lo schema è quello dell'Odissea capitanata da un samurai astuto quanto Ulisse. Toshiro Mifune è iconico col suo sguardo penetrante. Tanta avventura e poche scene di combattimento di cui una centrale tra amici samurai che deve aver colpito profondamente l'immaginazione del giovane Lucas tanto da prendere a prestito anche il simbolo sulla divisa dei cattivi. D'altronde, l'elmetto dell'esercito imperiale è modellato sulla forma di quelli giapponesi.
D'altra parte, le differenze sono abbastanza sostanziali ed indicative della poetica di Kurosawa. Non esiste un'arma di distruzione di massa da neutralizzare. Tutto quello che si desidera è tornare nella pace del proprio territorio d'origine, senza per questo dover omologare tutti gli altri popoli. I nemici non sono demonizzati come tendono a fare negli USA; non c'è l'impero del Bene contro quello del male alla maniera di Bush, per intenderci. Una visione statunitense del mondo, che ha influenzato tutta l'umanità e di cui ancora, oggi, non riusciamo a liberarci. Kurosawa, pur, restando nell'ambito di una cultura fortemente classista, prova a forzarla introducendo la figura di giovane donna che non sfigura per saggezza e determinazione di fronte alla controparte maschile. A dirla tutta nella scena in cui si rivela il sacrificio della sorella del guerriero sono rimasto un po' perplesso, come di chi assista a codici relazionali incomprensibili: l'estetismo di una nobiltà d'animo che trascende l'autenticità dei sentimenti. A parte ciò, K. è attento a comunicare il valore dell'umanità. Per quanto i due fuggitivi siano farabutti e vigliacchi sono legati da profonda amicizia. C'è la schiava riscattata e la sua devota riconoscenza. C'è il discorso finale della principessa che esprime il suo apprezzamento per le fatiche intraprese che le hanno consentito di entrare in contatto con l'umanità comune. Evidentemente il sistema giapponese è rigidamente gerarchico. Nei film di Lucas le priorità sono altre: tra il pragmatico, il tecnologico ed il filosofico inquadrati in uno spirito fortemente cristiano che corrisponde ad una concezione manichea della realtà sociale.
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