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La fortezza nascosta

Regia di Akira Kurosawa vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La fortezza nascosta

di yume
8 stelle

Kurosawa fonde stilemi del romanzo picaresco e tonalità umoristiche del teatro kabuki (i due anti-eroi di bassa estrazione sociale tratteggiati secondo una tecnica mista tra il burlesco e l’eroicomico) con elementi del romanzo cavalleresco in chiave nipponica

locandina

La fortezza nascosta (1958): locandina

 

Un piccolo universo scorre davanti ai nostri occhi in questo film rutilante, senza freni, cangiante come una fiaba.

In un Medio Evo giapponese più da mitologia popolare che da sfondo storico, in Giappone,Tahei e Matakishi, contadini litigiosi e avidi, sempre pronti a tradire, stanno tornando alla città di Akizuki, dopo aver tentato di fare i soldi con la guerra tra i clan di Yamana e Akizuki.

Lungo la strada incontrano il Generale Rokurota Makabe (Toshiro Mifune) e la Principessa Yukihime (Misa Uehara), rifugiata in una fortezza tra le montagne in attesa di  tornare sul trono usurpato. Bisogna attraversare il territorio nemico trasportando anche un grosso carico d’oro in verghe sottili, occultate nel cavo di rametti nascosti in uno stagno e Rokurota ingaggia i due picari, non senza averli prima sottoposti a prove massacranti per verificarne la resistenza.

La marcia sarà lunga e difficile e i due inaffidabili personaggi creeranno non pochi problemi al severo ma paziente samurai.

La bella principessa riuscirà a tornare sul trono dopo peripezie e colpi di scena  a non finire e ai due contadini, sempre pronti ad arraffare più oro possibile e perderlo subito dopo, toccherà un lingottino  indivisibile, con l’augurio che la smettano di litigare.

La vicenda scorre in un crescendo musicale che parte da un pianissimo carico di suspence (il misterioso samurai che gioca al gatto e al topo con i due contadini, apparendo e scomparendo fra le rocce), prosegue con la loro salita interminabile lungo la pietraia sdrucciolevole per arrivare alla fortezza e le prove estenuanti di resistenza a scavare buche sotto un sole torrido, aumenta gradualmente con ritmate accelerazioni man mano che il piano di fuga assume contorni più definiti, diventa infine una travolgente sarabanda, tra sparatorie, inseguimenti, combattimenti al galoppo e balzi al volo dei nostri eroi su cavalli in corsa degni della grande epopea western.

Kurosawa fonde stilemi del romanzo picaresco e tonalità umoristiche del teatro kabuki (i due anti-eroi di bassa estrazione sociale tratteggiati secondo una tecnica mista tra il burlesco e l’eroicomico) con elementi del romanzo cavalleresco in chiave nipponica (il samurai difensore della giustizia al servizio del suo sovrano con coraggio, lealtà, eroismo e saggezza, capace anche, risparmiando la vita dell’amico, di anteporre quel valore al rigido codice d’onore bushido, che impone l’uccisione del perdente nel duello), compone accordi e tesse dissonanze indugiando su pietraie infuocate, greti disseccati, pareti di roccia scabra, per poi tuffarsi nella folta sterpaglia di un acquitrino o nella vegetazione lussureggiante del bosco.

Dà respiro epico con campi lunghissimi ai movimenti delle masse, allinea il fasto guerriero degli stendardi e delle armi, ammassa lungo la scalinata i corpi seminudi degli schiavi in fuga dalla fortezza, in un precipitare caotico e plastico che rimanda con sicura citazione alla Corazzata Potëmkin, celebra in un vortice dionisiaco di danze e canti il rituale shintoista della purificazione nella festa del fuoco, che chiama il dio della natura, delle rocce e degli alberi a scendere fra gli uomini, mentre la processione  ripete con unisono fragoroso il “sairei, sairyo” che invita ad unirsi alla festa.

Il ritmo travolgente si placa infine nella melodicità intensa del canto della principessa prigioniera, che modula  le espressive sonorità vocali di “Brucia la tua vita”.

Il percorso di formazione di Yuki ora è compiuto, dalla selvatica Diana cacciatrice sfuggente e capricciosa delle prime sequenze, è passata attraverso la vita reale, ne ha condiviso il peso come quelle fascine che ha portato sulle spalle con gli altri, ha assistito a brutalità e orrori, ma ha visto anche come si possa essere sempre all’altezza della propria dignità di uomo, e l’ha visto nel  fido samurai Rokurota.

Nell’ultima scena sarà a pieno titolo la regina del suo popolo, avvolta nel bianco kimono ricamato.

E’ il lieto fine della fiaba.

 

 

 www.paoladigiuseppe.it  

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