Regia di Bertrand Tavernier vedi scheda film
Nel 1938, nell’Africa occidentale francese, un inetto funzionario di polizia impara fin troppo bene a reagire: con lucida crudeltà fa fuori i prepotenti che lo tormentano e un poveraccio che poteva diventare un testimone scomodo, infine trova il sistema per liberarsi in un colpo solo di moglie e amanti (di lui e di lei). Più fumo che arrosto, in questo film sfuggente come il suo protagonista: difficile trarne una morale, anche perché il referente resta ambiguo (le passate stragi del colonialismo? o quelle future del nazismo? ci sono allusioni a entrambi). Ma, stringi stringi, il motivo di un cambiamento così repentino si riduce al consueto “cherchez la femme”: in questo caso una bella maestrina, il cui arrivo smuove qualcosa nell’animo del nostro fino a spingerlo a firmarsi Gesù Cristo in un messaggio a lei indirizzato. Trovo fuori luogo soprattutto il tono grottesco, che fa sembrare tutti i personaggi buffoncelli senza spessore. Il livello si risolleva parzialmente solo nel finale, quando Noiret mette a nudo il suo soave cinismo (“Io mi adopero affinché la gente si mostri com’è, per poi saltargli addosso”): per lui, paradossalmente, immergersi nel male del mondo si traduce in un’allucinata forma di integrazione.
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