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Colpo di spugna

Regia di Bertrand Tavernier vedi scheda film

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La recensione su Colpo di spugna

di Peppe Comune
8 stelle

Anni trenta, nel Senegal posto sotto il dominio coloniale francese. Lucian Cordier (Philippe Noiret) è un poliziotto assai pigro che lavora a Bourkassa, un paese di “1275 anime”. Vive insieme alla moglie Huguette (Stéphane Audran) e a Nono (Eddy Mitchell), quello che crede essere il cognato ma che con ogni probabilità è l’amante della moglie. Anche lui ha un amante, Rose (Isabelle Huppert), vessata continuamente dal suo anziano marito. Lucien ozia tutto il giorno, come tutti i giorni è fatto oggetto di scherno da parte di tutti gli abitanti del paese. Un po’ tutti si prendono gioco dell’ingenuo Lucien Cordier e lui crede che non valga poi tanto fare il poliziotto in un paese dove l’unica legge che vige sovrana è quella che sancisce il dominio incontrastato dei bianchi sui neri. Ma un bel giorno, anche perchè spronato ad agire da suo superiore Marcel Chavasson (Guy Marchand), Lucien Cordier pensa che sia giusto arrivato il momento di cominciare a prendersi qualche rivincita.

 

Isabelle Huppert, Philippe Noiret

Colpo di spugna (1981): Isabelle Huppert, Philippe Noiret

 

“Colpo di spugna” (dal romanzo “Pop 1280” di Jim Thompson) di Bertrand Tavernier è un amabile pamphlet filosofico tutto costruito sull’ilare rappresentazione del labile confine tra il bene e il male, quando l’assoluta indifferenza su quelle che sono le sorti del genere umano rende, non solo largamente impunita la sistematica propagazione della morte, ma anche tollerabile la sua sardonica progettazione. Tutto è rappresentato con soave leggerezza, facendo perno sulla superba caratterizzazione di un sedicente ingenuo per portarci a guardare coi suoi stessi occhi la deriva esistenziale di un intero mondo. Un mondo dove imperano la sempiterna legge del più forte e la razzistica convinzione che i neri non siano delle “vere persone”, un mondo retto sulla sopraffazione impunita di pochi “notabili” bianchi. Gli stessi che hanno eletto Lucien Cordier a scemo del villaggio e che ben volentieri lo fanno assurgere a capo espiatorio di tutte le falle di sistema. Emblematiche sono le parole che Lucien rivolge ad uomo che è venuto fino a Bourkassa per sapere che fine abbia fatto il fratello : “i crimini sono tutti collettivi. Si partecipa a quelli degli altri e gli altri partecipano ai tuoi. Tuo fratello è stato ucciso da tutti. Anche da me, e forse da me più che dagli altri”. Parole che suonano come una condanna senza appello, proferite da un uomo che sembra essere seduto sull’orlo di un apocalisse imminente, intento a registrare e farsi partecipe allo stesso tempo dell’effettiva propagazione del male, a constatare l’ormai acclarata inaffettività di ogni rapporto umano. Gli indigeni sono solo delle comparse silenti, Tavernier le pone sullo sfondo, come una speranza inascoltata. Non ci è dato sapere con precisione se Lucien Cordier inizia la sua particolare rivolta contro quanti lo hanno continuamente umiliato perché mosso da un istintivo impulso a reagire o perché indirizzato da un progetto di morte che parte da lontano e in cui la sua stessa indole remissiva ha un ruolo preciso. E neanche ci dovrebbe importare più di tanto, perché, a ben riflettere, tra uno che si finge ingenuo per far emergere tutto il male che cova nell’animo delle persone ( “Io faccio solo in modo che le persone si rivelino per quello che sono veramente”, dice ad un certo punto) e l’ingenuità usata come detonatore per far implodere tutta la disumanizzazione di un mondo, davvero c’è poca differenza. Credo che questo aspetto rappresenti la forza del film, di svelarsi poco alla volta per quello che intende essere, di lasciare dei giustificati dubbi sulla liceità o meno del comportamento di Lucien Cordier : di architettare il male in assenza del dramma. Come credo che “Colpo di Spugna”, per come ondeggia con sapiente perizia stilistica tra il serio e il faceto e per come sono caratterizzati i personaggi, rappresenti un ulteriore dimostrazione del grande talento di Bertrand Tavernier (per maggiori e migliori approfondimenti, e non solo su questo film, chiedere a degoffro), un autore che col suo cinema ci conduce spesso nei meandri “seri” delle riflessioni speculative concentrandosi semplicemente sul lento scorrere del quotidiano, sull’umoralità che prende corpo, sui sentimenti che infiammano. Direi che è il tipico autore dal taglio letterario, ma non nel senso che nel suo cinema si faccia largo uso della parola come elemento che conferisce forma e sostanza al tutto (alla Manoel De Oliveira per intenderci), ma perché in esso i personaggi mantengono una posizione assolutamente centrale, con una personalità cosi sottilmente delineata da non lasciarsi mai sopraffare dalla costruzione della storia nel suo insieme composito. Da sottolineare infine la grande prova di Philippe Noiret e l’intrigante presenza di una giovanissima, e già grande, Isabelle Huppert. Insomma, grande film e grandi interpreti.

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