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Colpo di spugna

Regia di Bertrand Tavernier vedi scheda film

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La recensione su Colpo di spugna

di degoffro
10 stelle

Tratto dal romanzo "Pop. 1280" di Jim Thompson (1) e trasferito dal Sud degli Stati Uniti all'Africa occidentale del 1938, "Colpo di spugna" è un'opera quasi surreale, popolata di fantasmi (due personaggi, non a caso, sembrano ritornare dall'aldilà), beffarda, irriverente, pervasa da un senso di morte e di ineluttabilità. Un film esemplare sull'amoralità, il degrado, lo squallore, il razzismo, il vuoto e la desolazione di una società civile allo sbando in cui troppo spesso come Cordier, si fanno le cose "così senza sapere perché: solo dopo capisco, ma non pianifico mai niente!" e dove è per "pura bontà che Dio ha creato l'idea dell'omicidio", perché un omicidio è nulla al confronto di tutte le nefandezze ed abomini del mondo. Purificatore.

Voto: 8 e mezzo.



Dal libro

Bè, gente avrei potuto starmene con le chiappe al calduccio, sistemato a puntino. Eccomi, primo sceriffo di Potts County, e incassavo quasi duemila dollari all'anno, per non parlare di quello che riuscivo a tirar su con i lavoretti extra. Per giunta, avevo un alloggio gratis al primo piano del palazzo di giustizia, il posticino più comodo che si potesse desiderare; c'era anche il bagno, perciò non dovevo lavarmi in un mastello o uscire per andare al cesso, come faceva la maggior parte della gente in città. Credo si potrebbe dire che il Regno dei Cieli era già venuto, per quanto mi riguardava. Ero arrivato, e sembrava proprio che avrei potuto continuare così - primo sceriffo di Potts County - fintanto che avessi badato agli affari miei e non avessi arrestato nessuno se non era proprio inevitabile e a condizione che non contasse niente. Eppure ero preoccupato. Avevo tanti di quei problemi che ero preoccupato a morte. (…) Bè, gente, una notte stavo sdraiato sveglio a quel modo, ad agitarmi e rigirarmi, e ho cominciato a dare di matto finché alla fne non ce l'ho più fatta. Allora mi sono detto: Nick, ho detto, Nick Corey, questi tuoi problemi ti stanno facendo uscire pazzo del tutto, perciò è meglio che ti inventi qualcosa in fretta. E' meglio che prendi una decisione, Nick Corey, altrimenti lo rimpiangerai. Allora pensai e ripensai e poi pensai ancora un po’. E infine presi una decisione. Decisi che non sapevo cosa cavolo fare." (Cap. 1)

Tratto dal romanzo "Pop. 1280" di Jim Thompson (1) e trasferito dal Sud degli Stati Uniti all'Africa occidentale del 1938, "Colpo di spugna" è un'opera quasi surreale, popolata di fantasmi (due personaggi, non a caso, sembrano ritornare dall'aldilà), beffarda, irriverente, pervasa da un senso di morte e di ineluttabilità. Del resto, dopo il magnifico incipit (alcuni bambini di colore cercano affamati tra la sabbia del cibo, sono spiati di nascosto dal protagonista, gli avvoltoi volano in cielo, poi, l'arrivo improvviso di un'eclisse di sole, l'uomo accende un piccolo falò con dei legnetti, quindi si allontana indietreggiando per consentire ai ragazzini, dapprima intimoriti, di avvicinarsi al fuoco, incipit poi ripreso nel finale in una classica struttura circolare) la prima frase che viene pronunciata da uno dei personaggi è "Credevo che fosse la fine del mondo" frase poi ripresa identica, circa a metà film, dopo la tempesta di sabbia che obbliga tutti ad abbandonare il cinema all'aperto, dalla giovane insegnante Anne, appena arrivata al villaggio. E la sensazione della fine del mondo non deriva solo dal fatto che forte è la trepidazione per l'imminente scoppio della guerra. Un gigantesco Philippe Noiret è Lucian Cordier, capo della polizia locale di Bourkassa, 1275 anime che non necessariamente corrispondono agli abitanti, come gli fa presente il superiore Chevasson, dal momento che "i negri non hanno anima: non sono delle vere persone." Deriso ed insultato dalla moglie, sfottuto ed offeso ripetutamente e senza il minimo rispetto anche da due corrotti e strafottenti magnaccia locali, preso a calci nel sedere dai suoi superiori, Cordier preferisce vivere nel suo mondo, con un atteggiamento volutamente dimesso, vile e rinunciatario, da vero e proprio fannullone, miserabile e leccapiedi, "il numero uno delle nullità" come lo apostrofa la volgare moglie: "Sapete che non arresto mai nessuno se non sono assolutamente costretto. Ho già tanti guai, senza dovermi occupare di quelli altrui!" sostiene convinto (significativo l'episodio in cui si limita a richiamare verbalmente il razzista Marcaillou, sorpreso a picchiare brutalmente in piazza con un'asse un nero, davanti allo sguardo incredulo della maestra Anne). L'ennesimo sopruso subito però lo spinge a cambiare radicalmente registro. Sollecitato dal suo superiore Chevasson ("Quando qualcuno ti fa del male, devi fargliene due volte di più, altrimenti siete pari e questo non risolve niente!), trovato sostegno perfino nelle parole del curato che lo invita a iniziare a prendere dei provvedimenti, facilitato e tutelato dalla sua fama di inetto e pusillanime ("Se i miei superiori avessero voluto un uomo coraggioso, onesto e lavoratore non avrebbero nominato me!" dice serafico al curato) Cordier, dietro la paciosa ed indolente apparenza di vittima, rivela una crudeltà spietata e calcolatrice ed inizia ad eliminare con freddezza e ferocia tutti coloro che mettono a repentaglio la sua pace ed il suo benessere ("A volte penso di avere trovato il Paradiso in terra" dice ai due mascalzoni che non perdono occasione per sbeffeggiarlo, giocandogli stupidi scherzi e che saranno le prime vittime della sua furia omicida, uccisi a bruciapelo e buttati proprio in quel fiume sulle cui rive si divertivano a sparare ai corpi morti dei tanto detestati neri che, in quelle acque, trovavano la loro degna sepoltura). Al pari dell'anarchico Bouvier de "Il giudice e l'assassino" Cordier si professa "il Cristo in persona inviato a Bourkassa con una gran quantità di croci, per cercare di salvare gli innocenti!". L'omicidio, ai suoi occhi, diventa così "un atto di carità, un bel servizio" che si fa a gente miserevole e laida che merita un tale trattamento. La sua filosofia spicciola emerge nell'emblematico discorso che fa a Venerdì, il povero nero venuto casualmente a conoscenza del suo segreto, prima di ucciderlo: "E' meglio l'uomo cieco che piscia dalla finestra del buffone che gli ha detto che era un urinatoio. E tu sai chi è il buffone? Sono tutti. Tutti gli stronzi che guardano altrove quando sei nella merda fino al collo. Tutti quegli schifosi che sguazzano nel denaro, un pollice nel culo e l'altro in bocca sperando che non gli capiti nulla. Se è vero che sono stati creati a immagine di Dio, allora non vorrei incontrarLo di notte, in una strada buia." Ovviamente la sua subdola ma purificatrice azione di giustizia divina si rivolge non contro i ricchi ed i potenti a cui, per sua stessa ammissione dovrebbe "dare un giro di vite, solo che non ne ho il diritto, proprio perché sono ricchi e potenti", bensì contro i "poveracci, gli infelici, i negri". Di fronte ad un'esterrefatta Rose, sua giovane amante ed inizialmente complice (le ha eliminato il violento marito Marcaillou), quindi "pilotata" assassina della moglie di Cordier e del suo amante, afferma serafico e compiaciuto: "Io faccio solo in modo che le persone si rivelino per chi sono davvero e poi piombo loro addosso. E' uno sporco lavoro e il lurido piacere che provo nell'intrappolarli possiamo dire che me lo sono meritato. Fa parte del mio lavoro trarre piacere dall'infelicità degli altri." Un teatro dell'assurdo contraddistinto da una dirompente follia, da un velenoso sarcasmo, da un macabro cinismo e da una bizzarra e straniante disillusione in cui il male minore che ti può capitare è cadere in putridi cessi fatiscenti "dritto dentro il letame umano accumulato in trent'anni" (cap. 3), come capita al ricco e potente Vanderbrouk il signore che tutto ha in mano e che tutto controlla a Bourkassa. Un'opera esemplare sull'amoralità, il degrado, lo squallore, il razzismo, il vuoto e la desolazione di una società civile allo sbando in cui troppo spesso come Cordier, si fanno le cose "così senza sapere perché: solo dopo capisco, ma non pianifico mai niente!" e dove è per "pura bontà che Dio ha creato l'idea dell'omicidio", perché un omicidio è nulla al confronto di tutte le nefandezze ed abomini del mondo. Alla fine una sensazione di disagio, smarrimento e malessere ti pervade, quando Cordier, ballando con la dolce e pura Anne a cui non vuole legarsi per non recarle sventure e miserie e che gli chiede se non ha paura per tutto quello che sta facendo, sostiene rassegnato: "Non ha alcuna importanza. Sono morto da così tanto tempo…" Allora è davvero un film di fantasmi. Splendido gioco d'attori (oltre a Noiret da menzionare Isabelle Huppert, Stéphane Audran, Jean Pierre Marielle e Eddie Mitchell), fotografia miracolosa di Pierre-William Glenn, musiche eccellenti di Philippe Sarde, perfette scenografie di Alexandre Trauner, capaci di restituire in modo palpabile l'atmosfera stagnante, sudata, polverosa e soffocante di un'Africa coloniale alla deriva. Scritto dal regista con Jean Aurenche. Nomination all'Oscar per il miglior film straniero, 10 nomination ai César ma scandalosamente nessun premio (quell'anno nelle principali categorie gli sono stati preferiti "La guerra del fuoco" di Jean-Jacques Annaud e "Guardato a vista" di Claude Miller). Nastro d'argento a Noiret. Piccola curiosità: inizialmente un film dal romanzo di Thompson avrebbe dovuto realizzarlo con capitali e attori americani Alain Corneau, già peraltro regista dell'ottimo "Il fascino del delitto" sempre tratto da Thompson.

Voto: 8 e mezzo

(1) Oltre alla diversa ambientazione, rispetto a Thompson, Tavernier che riprende interi dialoghi del libro, fa alcune interessanti modifiche: innanzitutto il personaggio di Anne (nel libro Amy) appare in Thompson meno virginale e docile, pur conservando una carica positiva e onesta, anzi ha una relazione adulterina con il protagonista con cui avrebbe dovuto sposarsi. Amy inoltre è stata testimone oculare dell'omicidio da parte del protagonista dei due magnaccia e minaccia di denunciare Nick qualora lui facesse ricadere la colpa del delitto sul suo superiore. Nel capitolo 12 del romanzo viene evocato il primo incontro di Nick con Myra: la donna finge di essere stata stuprata da Nick e così facendo lo obbliga a sposarla, mandando a monte le nozze di Nick con l'amata Amy. Eliminati i riferimenti alle imminenti elezioni dello sceriffo nella contea con gli sporchi giochi di Nick per screditare l'avversario agli occhi della popolazione (memorabili le pagine in cui, fuori da chiesa, Nick chiede al suo titubante avversario politico di spiegare come mai si sono diffuse quelle calunnie su di lui se non c'è niente di vero, determinandone la incondizionata resa e sancendo il suo trionfo pubblico). Manca l'episodio dell'incendio al quartiere nero con la successiva riunione di Nick con i potenti della città che gli chiedono spiegazioni circa il suo ritardato arrivo sul posto: Nick però con due colpi sparati meravigliosamente alla cieca riesce a zittire tutti, uscendone ancora una volta alla grande. Il personaggio del curato viene sostituito con il proprietario di un negozio di ferramenta, così come il fratello gemello di uno dei magnaccia nel libro è un agente investigativo. Anche nel finale c'è qualche diversità: Lenny, il fratello ritardato di Myra va a casa di Rose per spiare se effettivamente c'è del tenero tra lei e Nick: la donna, in questo precedentemente sobillata da Nick, lo tratta malissimo e lo caccia via. Myra allora raggiunge la casa di Rose con Lenny e le chiede spiegazioni sul suo brutale atteggiamento. Di fronte al comportamento irritato e infastidito di Rose, Myra capisce che suo fratello, pur ritardato, non ha poi tutti i torti e così per ricattare Rose vorrebbe obbligarla a fare foto compromettenti proprio con Lenny, per metterla a tacere definitivamente. Ma Rose userà contro di loro, come nel film, proprio quella pistola che lei le aveva consigliato di acquistare. Eliminato il capitolo finale incentrato su un incontro tra Nick e il collega Buck a rivelare la loro iniziale comune intenzione di pianificare la rovina del loro arrogante superiore, incolpandolo dell'omicidio dei due ruffiani. Quello che però è importante che lo spirito di Thompson è stato rispettato alla grande.

 

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