Regia di Werner Herzog vedi scheda film
Fitzcarraldo è forse l'esempio massimo di quando un film smette di essere “solo” un film e si trasforma in altro, in un vero e proprio percorso di crescita e di forma d'arte complessa.
Una immensa opera in cui il regista utilizza il proprio film per andare alla scoperta dei propri limiti.
Brian Sweeny Fitzgerald, detto Fitzcarraldo (Klaus Kinski) è un esploratore irlandese, che alla fine del 1800 in Perù, nel cuore della foresta amazzonica, si dedica alle imprese più improbabili. Dalla costruzione di una ferrovia transandina che attraversa la jungla (lasciata incompiuta dopo pochi metri, con una stazione abbandonata come un vecchio tempio maya), a quella della futura realizzazione di un grande teatro di opera lirica nel mezzo di un villaggio di pochi indios. E' infatti l'opera lirica la vera passione di Fitzcarraldo, e sarà in nome di questo sogno che si indebiterà insieme alla sua amante Molly (Claudia Cardinale), per comprare una nave che gli permetterà di esplorare un tratto del fiume Ucayali e trovare una scorciatoia verso zone ancora ricche di alberi di caucciù ma irraggiungibili. Questa immensa operazione dovrebbe in teoria permettergli di arricchirsi come futuro armatore, e costruire così il suo teatro.
Fitzcarraldo trova la scorciatoia facendo salire la propria nave attraverso una montagna, così da dimezzare il solito percorso sinora conosciuto.
Una impresa impossibile: una nave che scala letteralmente una montagna, la discende, e infine ritorna nel fiume, attraversa le rapide e torna al punto di partenza. Una nave che diventa una divinità agli occhi degli indios, che decidono per questo di aiutare con il loro immane lavoro tutta l'operazione che tale impresa richiede.
E' proprio da questo punto in poi, ovvero da quando gli indios decidono di salire sulla nave e aiutare l'incredulo Fitzcarraldo, che il film cessa di diventare solo un film e si trasforma in altro sotto gli occhi increduli dello spettatore.
Tutto: l'abbattimento degli alberi secolari, il livellamento del pendio della montagna, la costruzione degli attrezzi che permettono il sollevamento e il traino della nave... tutto è vero. Tanto che moltissime delle immagini che riguardano questa parte del film non sono recitate nemmeno dagli attori. Herzog fu in seguito anche molto criticato per un eventuale sfruttamento del lavoro da parte degli indios, i quali pensavano seriamente di stare lavorando per qualcosa di “magico”. Racconta lo stesso Herzog che la lavorazione fu difficilissima, tutta l'impresa durò più di 3 anni e costò tantissimi soldi.
“Finché non si vide la nave muoversi, non eravamo sicuri che sarebbe successo!” racconta sempre Herzog, che affrontò tutto davvero come un esploratore idealista. Considerato un folle per aver investito tanto economicamente e in energie, per un film che si realizzava giorno dopo giorno, senza nessuna sicurezza materiale. “Ma io ero sicuro che ce l'avremmo fatta!”.
Herzog è un visionario, uno che ha affrontato ogni suo film spinto dalla necessità di arrivare ad un traguardo, una sfida da vincere. In questo film si trasforma lui stesso nel protagonista grazie anche ad un Kinski ai massimi livelli. Un connubio perfetto in cui natura, bravura, professionalità, tenacia e una forte dose di incoscienza hanno permesso questo capolavoro che va sicuramente annoverato tra le opere d'arte.
E come tutte le opere d'arte, anche questo film nasconde molti lati oscuri dovuti per lo più alla presenza degli indios. Migliaia di indios, che permisero in effetti la riuscita del film. Il capo della tribù chiese addirittura a Herzog se volesse che gli uccidessero per lui Kinski, dato che in più occasioni aveva fatto scenate isteriche in una lingua per loro incomprensibile. Kerzog rifiutò gentilmente la proposta.
Si può e si deve perdonare tutto di fronte a questo capolavoro, anche le crisi di un Kinski su di giri, fosse altro per le scene meravigliose che ci ha regalato quando a bordo della nave alla deriva (realmente alla deriva), tra le rapide del fiume, mette sul grammofono il disco in cui Caruso canta: civiltà, arte e forza della natura selvaggia si incontrano magicamente, ed Herzog è presente e lucido nel filmarla e donarcela. Una testimonianza unica di cosa può fare un vero artista nelle condizioni ideali e perfette.
Lascio questa recensione, che più che recensione è uno “sbrodolamento” verso un regista e un attore che amo particolarmente, con una scena del backstage del film. Una scena inserita in seguito nel film “Kinski, il mio nemico più caro”, in cui Kinski si rilassava con una farfalla che l'aveva preso in simpatia. Ecco.... penso che questo episodio sia l'esempio perfetto di come Herzog sia stato sempre stato in grado di fare: unire la natura selvaggia con la forma d'arte e riuscire a domarla, rendendo tutto splendido e meraviglioso.
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