Regia di Akira Kurosawa vedi scheda film
E' un interessante ritratto del Giappone post-bellico, che non doveva essere molto diverso da com'era l'Italia; infatti anche i film di De Sica del periodo lo ricordano abbastanza per ambientazione e situazioni: criminalità diffusa, ladri per disperazione, povertà, la polizia che può fare poco per arginare questa marea ingestibile. La trama è complessa, ma Kurosawa la conduce avanti bene, e i numerosi personaggi (tutti diversi l'uno dall'altro) la condiscono ottimamente. Se De Sica sembra dare la colpa di tutti i mali alla miseria e alla guerra appena passata, qui secondo me Kurosawa tenta di andare più a fondo. Vi sono alcuni dialoghi sparsi per il film, infatti, che cercano di mettere a fuoco il perché certe persone commettono crimini anche gravi, come rapine con omicidio. La spiegazione che propone il regista sembra essere questa: è vero che l'ambiente (povertà, disoccupazione, disperazione) influisce negativamente e in modo non trascurabile sull'individuo, ma è pure vero che la libertà individuale gioca comunque un ruolo primario. In poche parole, le azioni criminali non possono essere giustificate dalla povertà, ma al massimo vedono in essa un'attenuante. Questa siegazione non deterministica mi trova molto d'accordo. Infatti nei dialoghi si dice che sia il ladro omicida che il poliziotto avevano subito la stessa umiliante e beffarda sventura, perché quando erano tornati reduci dalla guerra, sfiniti e demoralizzati, ad entrambi era stato per giunta rubato lo zaino. Uno per rifarsi e vendicarsi era diventato criminale, l'altro poliziotto onesto e quasi idealista. E poi spesso le peggiori rapine sono dettate magari da motivi per nulla nobili, come il regalare un vestito alla fidanzata per fare l'uomo ricco ai suoi occhi.
Tutta la vicenda è ambientata in un'estate dal caldo soffocante, dove il clima insopportabile sembra essere metafora di un'atmosfera molto difficile e pesante a livello umano e sociale. E' praticamente un poliziesco/noir alla giapponese.
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