Regia di Ugo Tognazzi vedi scheda film
Da un racconto di Dino Buzzati, un film grottesco con Tognazzi impegnato nel ruolo di regista (progressista e originale a suo modo) e attore, in un ruolo non facile, quello di un industriale ingabbiato in un gioco di rimandi kafkiano.
A discapito del titolo, che pare consegnarci una commedia bizzarra, fondata sulle risultanze di un difetto fisico, qui siamo di fronte al drammatico declino di un uomo, da potente a vittima, ingabbiato in un sistema senza punti di riferimento, che monta gradualmente con una suspense intrisa di surrealismo kafkiano e tinte molto fosche per una semplice commedia. A risentirne tuttavia è il ritmo, in alcuni frangenti troppo lento.
Il plot, interessantissimo, è di Dino Buzzati (col racconto “Sette piani”) che il Tognazzi autore decide di mettere in scena in maniera anticonformista, scegliendo musiche alternative (il gruppo beat Le pecore nere la fa da padrone), inquadrature sui generis che guardano ad un cinema di oltre confine, scelte buñueliane. Il Tognazzi interprete invece, in un ruolo certamente non facile, riesce come al solito pienamente nella parte, quella di un ricco altoborghese abituato alla bella vita e ritrovatosi invischiato in una sorta di videogioco a livelli, verso un obiettivo finale grottesco e crudele, che si scoprirà solo nel finale. La figura di Tognazzi spicca rispetto al mediocre cast che lo contorna, formato principalmente da donne statuarie, quasi donne-oggetto, dalla moglie charmant, alla figlia viziata, alle infermiere-valletta. Uniche donne stagliarsi sulla media il medico dai capelli rossi, una bellissima Tina Louise, e l’amante del protagonista, Franca Bettoja, unica in tutta la storia a mostrare sentimenti umani e sinceri.
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