Regia di Ugo Tognazzi vedi scheda film
Il prolungato ricovero in ospedale sancisce ufficialmente, di fronte alla società, l'entrata nella malattia, una condizione dalla quale, indipendentemente dalla effettiva entità della patologia, è praticamente impossibile uscire. Il racconto mantiene volutamente l'ambiguità su quanto il progressivo "aggravamento" del protagonista sia solo il frutto di una speculazione economica da parte della clinica, e quanto, invece, sia dovuto ad una sorta di condizionamento psicologico di cui egli è vittima insieme a tutti coloro che lo circondano. Il film contiene, evidentemente, una esplicita polemica contro una figura deviata di operatore sanitario, che detiene un imperscrutabile potere sui pazienti. Ciò non toglie che la malattia di Giuseppe Inzerna sia, in qualche modo, realmente mortale. Lo testimonia emblematicamente, prima ancora che il tragico finale del suo iter, la scena del party organizzato dai degenti. Tutti i partecipanti alla festa danzante, lui compreso, hanno i tratti macabri e spettrali delle maschere di James Ensor. Come a dire che è impossibile non morire davvero se gli altri, a cominciare dalla tua famiglia, ti considerano già defunto.
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