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Dersu Uzala. Il piccolo uomo delle grandi pianure

Regia di Akira Kurosawa vedi scheda film

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La recensione su Dersu Uzala. Il piccolo uomo delle grandi pianure

di steno79
9 stelle

Dersu Uzala fu il primo film girato da Kurosawa dopo un periodo di malessere culminato in un tentativo di suicidio nel 1971; Kurosawa fu invitato a girare in Russia dai sovietici, e scelse per il nuovo film le memorie di Vladimir Arseniev, un ufficiale-topografo che aveva esplorato la Siberia orientale.
All'inizio del film, incontriamo il capitano Arseniev nel 1902 durante una spedizione per creare una mappa dei confini tra Russia e Cina. Una sera la spedizione incontra un anziano uomo asiatico chiamato Dersu Uzala, che sopravvive nella foresta grazie alla caccia e alla vendita di pellicce. Il Capitano prende Dersu come guida, e in breve i due diventano grandi amici. Dersu incarna una condizione in cui l'uomo aveva un rapporto privilegiato con la Natura e un sentimento quasi mistico di fratellanza con gli animali, le piante e gli elementi naturali: in una scena memorabile salva la vita del Capitano e la propria costruendo rapidamente un rifugio con delle canne per proteggersi da un'imminente tempesta assai pericolosa. Anni dopo, il Capitano tornerà nella Taiga e ritroverà Dersu, ormai invecchiato, decidendo anche di ospitarlo a casa propria...
Il film va considerato un'opera a sè stante nella carriera di Kurosawa, piuttosto diverso dalla maggior parte delle altre pellicole soprattutto nel ritmo dell'azione, che è molto più lento, e nel carattere avventuroso della vicenda, alquanto inedito per il regista. Fermo restando la consueta bellezza figurativa delle immagini, il film ha una capacità di rappresentare la maestosità del mondo naturale e il suo contrasto con la vita urbana che deve aver ispirato Sean Penn quando girò il suo Into the wild, film che in diverse sequenze in esterni si avvicina alla magia dell'opera di Kurosawa. Anche nel racconto dell'amicizia fra Arseniev e Dersu Kurosawa riesce sempre a toccare le corde giuste, e nella parte finale è difficile non commuoversi anche per lo spettatore più smaliziato. Si tratta dunque di una felicissima "anomalia" nella carriera del regista nipponico e l'unico suo film realizzato al di fuori dei confini della patria: girato con larghi mezzi nel formato 70mm, fotografato a colori con grande ricchezza cromatica e interpretato benissimo dal russo Jury Solomin e dal non-professionista Maksim Munzuk, davvero eccezionale come Dersu. Si è parlato giustamente a proposito del film di ecologismo, di panteismo e, nel finale, di tristezza per la scomparsa di una civiltà ancestrale ormai fuori posto nel mondo moderno: Kurosawa ha saputo ritrarre il suo personaggio con accenti di eccezionale intensità, facendone il simbolo di un modo di vivere verso cui lo spettatore non può non provare rispetto e ammirazione.
voto 9/10 
  

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