Regia di Adrian Lyne vedi scheda film
Un soldato che sta morendo in Vietnam rivive la sua vita sotto forma di incubo, allucinazione e sogno.
Questo film è tra i miei preferiti in assoluto, e devo aggiungere che lo riguardo ogni tanto e lo apprezzo di più ogni volta che lo rivedo. Questa ricchezza di risorse è propria dei capolavori, e testimonia dall'altro lato che una sola visione, che infatti può lasciare tiepidi, non è sufficiente. Questo fatto può spiegare l'insuccesso del film in sala, e di contro la progressiva fama che sta acquisendo ancora oggi. Dimenticate i film per cui Adrian Lyne è noto, cioè ad es. Flashdance e 9 settimane e 1/2 (che tra l'altro non mi piacciono). Questa pellicola è qualcosa di completamente diverso, se non di opposto. Mentre quelli sono filmetti leggeri pieni di lustrini e di strizzatine d'occhio al pubblico, con l'estetica frizzante ma vacua degli anni '80, questo è invece un film sporco e scuro, dove niente luccica e tutto è cupo e sinistro.
Come spiega lo sceneggiatore, Jacob's Ladder è il viaggio onirico, a ritroso nella sua vita, di un uomo che sta morendo in Vietnam: rivede quello che ha vissuto e quello che avrebbe desiderato vivere, e il male e il bene che si sono combattuti dentro di lui. L'atmosfera da sogno - o meglio incubo - è ricreata molto bene da Lyne, che testimonia di esser entrato in perfetta simbiosi con lo sceneggiatore e con le sue intenzioni. Il piano della realtà e quelli multipli onirici si intersecano in un gioco non sempre chiaro, ma lo spaesamento che ne deriva finisce per giovare al film e alla sua forza di suggestione.
A margine, troviamo il discorso, forse secondario rispetto al tema centrale dell'avvicinamento alla morte ma non trascurabile, delle droghe che venivano somministrate ai soldati americani in Vietnam, con lo scopo di renderli più aggressivi. Il Pentagono ha sempre negato, ma io l'ho sentito dire da più parti.
Non è affatto un film ruffiano, ma chiede se mai la fatica di calarcisi dentro e di compiere il viaggio del protagonista. Tra i suoi pregi maggiori ci sono certamente le scenografie e l'ambientazione, curate anche nei particolari: luoghi sporchi e squallidi, poco illuminati, comparse non rassicuranti e a volte minacciose, malattia e deformità ovunque, effetti speciali ingegnosi e mai gratuiti. La fotografia color pastello scuro e giallastro contribuisce a creare l'atmofera particolare che pervare il film. L'edizione in DVD, oltre che proporre una bella intervista con regista e sceneggiatore, ripropone anche le bellissime scene tagliate. Adrian Lyne ha rivelato in questa pellicola il suo talento e anche il genere di film per cui è tagliato; forse avrebbe proseguito su questa strada se almeno il pubblico lo avesse premiato. Peccato.
Il titolo originale, cioè "La scala di Giacobbe", va inteso in almeno quattro sensi: biblico, col famoso episodio del sogno di Giacobbe; la droga che si chiama "la scala"; di indentificazione col protagonista, che così si chiama; concreto, con la scala che lui salirà alla fine.
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