Regia di Joseph L. Mankiewicz vedi scheda film
Un regista e sceneggiatore, un addetto stampa e un nobile rievocano alternativamente la storia della donna al cui funerale stanno assistendo: ballerina da night club in Spagna, poi diva di Hollywood, poi moglie insoddisfatta. Mankiewicz riprende la schema a flashback multipli di Lettera a tre mogli (poi usato da Minnelli in Il bruto e la bella, altra opera demistificatoria nei confronti dell’ambiente cinematografico) per gettare uno sguardo su un gruppo di personaggi cinicamente consapevoli della propria o dell’altrui mediocrità, fra i quali spicca un Rossano Brazzi cupamente ossessionato dalla sua decadenza umana e familiare. Ma in realtà tutto il film ruota intorno ad Ava Gardner, idea platonica di bellezza più che donna reale: sfuggente, eterea, inafferrabile (non la vediamo mai all’opera nelle sue attività professionali, né la danza né la recitazione), incapace di amare (anche i suoi occasionali amanti di basso rango, che servono solo a soddisfare le pulsioni sessuali, restano sempre nell’ombra), sembra non appartenere a nessuno dei mondi che si trova ad attraversare.
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