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La contessa scalza

Regia di Joseph L. Mankiewicz vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La contessa scalza

di steno79
9 stelle

La contessa scalza, girato quasi interamente in Italia negli studi di Cinecittà, non è stato uno dei film più fortunati di Mankiewicz, alla sua uscita fu accolto piuttosto freddamente (l'influente critico del New York Times Bosley Crowther lo stroncò senza appello) e fu alquanto ignorato dall'Academy che aveva ricoperto di Oscar i film precedenti del regista come Lettera a tre mogli e soprattutto Eva contro Eva, vincendo soltanto una statuetta per il miglior attore non protagonista ad Edmond O'Brien. In seguito, fu rivalutato soprattutto dalla critica francese che lo ama molto ancora oggi, tanto da averlo piazzato al trentesimo posto nella classifica dei migliori film della Storia del Cinema redatta dai critici dei Cahiers du Cinéma nel 2007. Rispetto ad Eva contro Eva, la composizione delle immagini è maggiormente curata e vi è una superiore attenzione al dettaglio visivo (la bella fotografia a colori è di Jack Cardiff, memore per certi versi di quella di Narciso nero, vero capolavoro dell'operatore inglese), ma resta anche questo un film di sceneggiatura, legato ad una costruzione narrativa molto elaborata con ben sette flashback che partono tutti dalla scena iniziale del funerale, introdotti dalle voci fuori campo di diversi testimoni del destino dell'enigmatica "Contessa scalza" Maria Vargas, avida di libertà. C'è una componente satirica evidente che ha come bersaglio lo snobismo e le manie di grandezza di certi produttori hollywoodiani (Kirk Edwards è un ritratto appena dissimulato di Howard Hughes) e di altri rappresentanti del Jet Set internazionale come il miliardario sudamericano Alberto Bravano (Marius Goring), ma è anche un melodramma fiammeggiante che tesse un elogio appassionato di una donna libera dalle costrizioni del denaro e della società, che pagherà caro il prezzo del suo anticonformismo. Il cast è quasi tutto in ottima forma, con una Gardner al culmine del suo splendore che fa intravvedere anche buone qualità di interprete e riesce a conferire al suo personaggio un'aura di mistero che non l'abbandona mai, fino alla tragica conclusione; Bogart rende bene il disincanto del regista-sceneggiatore (figura forse autobiografica per Mankiewicz) e, fra i caratteristi, si distinguono almeno il citato O'Brien come press-agent e Rossano Brazzi nei panni del seduttore latino, che riprenderà tante volte in seguito. Tuttavia, la parte finale del matrimonio di Maria con il conte, con la scoperta del tragico segreto e il delitto passionale compiuto dal conte mi sembra peccare un pò di artificiosità e non risultare completamente verosimile (il conte le infligge una crudeltà senza precedenti per assecondare la sua ossessione di avere un'erede, e quando Maria era rimasta davvero incinta e voleva crescere il bambino con lui la uccide, anche se dal dialogo finale con Bogart si comprende che non era al corrente che Maria fosse incinta). Anche il dialogo, per quanto acuto e tagliente come sempre, qua e là rivela qualche eccesso di letteratura, ma nel complesso è un'opera da annoverare fra le più riuscite del regista e da riscoprire per le nuove generazioni di cinefili.
voto 9/10

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