Regia di Keisuke Kinoshita vedi scheda film
Nessuno parla tanto di soldi quanto i poveri. Così, gli affamati di questo film non fanno che parlare di cibo. In un'epoca (qualsiasi epoca) in cui da mangiare non c'era per tutti, nelle famiglie la cosa più pericolosa erano le bocche da sfamare. Specialmente se, poi, queste bocche appartenevano a persone non ancora o non più in grado di lavorare. E dunque l'anziana Orin ha già programmato, come prevede l'usanza, di allontanarsi da casa al compimento, ormai imminente, del settantesimo anno d'età. Per farsi sembrare più vecchia (ché non vuole pesare sull'economia domestica), ma anche per rendere la propria bocca meno temibile per la concorrenza allo scarso cibo familiare, si è addirittura spaccata i denti davanti. E poi il giorno fatidico, quando si avvicina la prima neve, arriva. Kinoshita ha diretto questo film con i mezzi del teatro kabuki, ed infatti, all'inizio il film risulta un po' lento, inframmezzato com'è di canzoni attinenti al tema della vicenda principale. Ma il regista ha anche saputo costruire il suo film come un'opera pittorica in divenire, con i colori vivaci dei fondali teatralmente dipinti, che si stemperano nei colori cupi dei giorni del viaggio alla montagna, fino ad imbiancarsi in un finale immerso nella neve. Da questo punto di vista LA LEGGENDA DI NARAYAMA è veramente magistrale, anche se mi pare che manchi, lungo tutta la sua durata, la poesia che permea le opere maggiori di un Mizoguchi. Tuttavia, la scena dell'incontro con gli anziani del villaggio, che alla fine della riunione scompaiono silenziosamente nel buio l'uno dopo l'altro, e quella, struggente, della salita al monte, nella quale Tatsuhei chiama invano la madre che giace silenziosa sulla gerla che porta sulle spalle, sono da antologia della storia del cinema mondiale. Figurativamente bellissimo, il film ha un andamento in crescendo emozionale e culmina in una seconda parte molto più intensa della prima.
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