Regia di Kenji Mizoguchi vedi scheda film
VOTO 10/10 E' il film che rivelò in Occidente la grandezza di Mizoguchi con la sua presentazione alla mostra di Venezia nel 1952, dove ottenne un Premio speciale. Narrato con un lunghissimo flashback, che termina nella sequenza in cui O-haru prega nel monastero buddista, è il terribile calvario di un'eroina vittima del destino avverso e di un'organizzazione sociale ingiusta basata sullo sfruttamento della donna. A prima vista potrebbe sembrare quasi un romanzo d'appendice, data la sua struttura episodica e un pò frammentaria, ma la semplicità narrativa, l' estrema eleganza delle composizioni figurative e l'acutezza con cui il regista denuncia le ingiustizie sociali ne fanno un'opera di insolito spessore e intensità emotiva. A livello stilistico si nota il prevalente uso di lunghi piani-sequenza, accompagnati da fluidi movimenti di macchina : la maestria registica è al servizio di una eccezionale interpretazione di Kinuyo Tanaka, una delle più grandi attrici giapponesi, in un personaggio che si può in un certo senso definire riassuntivo rispetto a molte delle protagoniste mizoguchiane, sempre brutalizzate da uomini crudeli e spinte alla sofferenza da circostanze impreviste. In questo film Mizoguchi riesce a portare la sua arte cinematografica al livello delle più nobili tragedie scritte per il teatro, regalando sequenze di commovente intensità.
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