Regia di John Carpenter vedi scheda film
Il primo capolavoro assoluto di Carpenter, fiammeggiante summa dello slasher movie, prototipo insuperabile, per efficacia espressiva, toni, limpidezza creativa e pura, inquietante ed irresistibile capacità di terrorizzare, di una delle più longeve serie del cinema horror, oltre che travolgente esibizione di stile e maestria visionaria: dopo l'omaggio ad Howard Hawks ed al suo Un dollaro d'onore in Distretto 13: Le brigate della morte (ma anche qui riceve la gratitudine carpenteriana: in Tv trasmettono La cosa dall'altro mondo, lo sceriffo si chiama Leigh Brackett), tocca ora al cinema di Hitchcock ed al suo capolavoro più terrificante, Psyco, citato già nel nome di alcuni personaggi ed evocato nelle atmosfere cariche di tensione e suspense insostenibili. Carpenter spoglia la messinscena dagli orpelli più gratuiti ed estetizzanti del cinema di genere, innervandola con la sua personalissima e genuina visione dell'essenzialità drammaturgica, con la concitazione ossessiva dell'attesa, la dilatazione claustrofobica di spazio e tempo, il montare incalzante della tensione, l'asfissiante senso di ansia, che lentamente si trasforma in angoscia, con cui è attanagliato senza speranza lo spettatore. Michael Myers è il Male, vive ad Haddonfield, in Illinois e mai come in Halloween un personaggio è riuscito a dipingerne l'insana inesorabilità: lo script firmato da Carpenter e dalla compagna e produttrice Debra Hill (che si è concentrata sui dialoghi dei personaggi femminili) ne segue in soggettiva i suoi passi malati per le strade della cittadina, le sue efferatezze, l'orrore che squarcia i volti delle sue vittime, ammantandoli con i colori ora lividi ed ora più scintillanti della smagliante fotografia di Dean Cundey, con una colonna sonora entrata nella storia (dello stesso Carpenter), con un sapiente dosaggio di brividi e spaventi, frullati in un esplosivo e vorticoso tourbillon di emozioni di potente e quasi primordiale suggestione visiva. I sottotesti disseminati tra le pieghe (delle ferite), gli omaggi e le citazioni evocati continuamente nell'incedere della vicenda (dalla pop-science fiction di Spazio: 1999, splendida serie cult televisiva, alla pittura espressionista di James Ensor) appaiono come un humus creativo di sfrenata e ribollente genialità, abbagliante espressione di un cinema vivo, profondamente reale nella sua finzione stilistica, pulsante di emozioni, folgorante nel suo incedere tra paure devastanti ed estatica contemplazione del Male: il cinema di un Autore molto più importante (e necessario) di quanto possa apparire a prima vista.
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