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Nanuk l'esquimese

Regia di Robert Flaherty vedi scheda film

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La recensione su Nanuk l'esquimese

di Antisistema
10 stelle

Frutto del caso la visione di Nanuk l'Esquimese, visto che volevo visionare Freud e le Passioni Segrete di John Huston (1962), ma siccome la copia era di qualità video scadente prossima a quella di un porno di quarta categoria, ho deciso di vedere un altro film presente sul CD datami in prestito e visto che di Robert J. Flaherty avevo visionato il capolavorico L'Uomo di Aran (1934), allora ho deciso di guardare uno degli altri film presenti sul supporto e uno di questi era Nanuk l'Equimese (1922), primo film di Flaherty e uno dei film più importanti della storia del cinema in quanto primo e vero proprio documentario. 

Una lunga gestazione di oltre un decennio, durante il quale il regista compì una serie di esplorazioni nella regione di Terranova per conto del governo Canadese filmando le vite degli equimesi con un taglio cronachistico stile diario di viaggio e mostrando i filmati al suo ritorno vista la calorosa accoglienza ma anche la triste fine delle bobbine andate bruciate, mette insieme dei finanziamenti tramite una compagnia di pellicce e decide di tornare in quelle zone, ma imbastire una nazzione più coesa e incentrata sulla gente del posto in particolare su un individuo battezzato Nanuk (il cui vero nome era Allakariallak) e la sua famiglia tra cui Nyla ed i bambini, più di tanto in tanto altri inuit. 

E' una pellicola che mette in scena il contrasto tra uomo e natura, l'ammirazione del regista per gli inuit che vivono in queste zone aspre e remote, in cui solo gente con la loro tempra potrebbe sopravvivere, rammentando così la grandezza dell'essere umano con la sua capacità di adattarsi anche in zone inadatte ed ostili alla vita. 

 

La civilizzazione non è ancora arrivata, l'unico contatto tra Nanuk e l'uomo bianco riguarda lo scmabio di pelli di volpi bianche catturate dal protagonista durante i mesi di caccia in cambio di beni utili alla sua sopravvivenza quotidiana; in questo momento id contatto culturale, Nanuk guarda con aria curiosa un grammofono ed il disco che morde perchè oggetto a lui ignoto, quando in realtà l'uomo conosceva benissimo l'oggetto e qui viene la controversia principale mossa a Flaherty, ovvero aver modificato certe scene distocendo quindi la realtà dei suoi soggetti. Un documentario dovrebbe mostrare la realtà e non manometterla, ma è anche vero che un documentario non può ridursi a mero cronachismo, altrimenti equivarrebbe ad un servizio del telegiornale cosa abbastanza riduttiva, il documentario come un film è messo comunque in scena da un regista che ha una precisa visione e dei temi a lui cari che sceglie di privileggiare con il proprio sguardo. E' vero che Nanuk conosceva il grammofono e le tecniche di caccia non si svolgevano più con l'arpione, ma oramai anche gli inuit usavano i fucili, ma la mano dell'autore si vede in questo, inserire scorci di lirismo poetico per accentuare ulteriormente la sensazione di "primitivo", esaltando l'ingegno umano (vedere la costruzione dell'igloo) anche se non contaminato dal progresso e dalla civiltà. Và ricordato comunque che gli inuit tra cui lo stesso Nanuk, conoscevano benissimo l'uso della caccia con l'arpione e le loro tradizioni antiche, quindi non c'è una distorsione totale delle loro abitudini di vita. 

Non mancano momenti di umanità, quando Nanuk gioca con il figlio e al contempo tramite un'attività in apparenza ludica, insegna al bambino i primi rudimenti sulla caccia, tramandando quindi di generazione in generazione gli insegnamenti ricevuti, in pratica l'uomo in qualsiasi luogo e a qualsiasi latitudine, mostra comunque un nucleo di sentimenti e valori che sono comuni a tutta l'umanità. 

 

Fà specie vedere come Flahaerty con una macchina da presa pesante e fissa, data la tecnologia dell'epoca, facendo uso anche di poche luci date le condizioni ambientali, sia riuscito a regalarci immagine di notevole impatto figurativo-simbolico, come il vento gelido che sferza le gelide lande ghiacciate, questo è un altro motivo per cui alcune sequenze sono chiaramente costruite come la caccia al tricheco, dato che non si disponevano delle moderne tecniche di ripresa cinematografiche ed il rullo di pellicola durava 15 minuti e durante la ripresa la macchina faceva un rumore pazzesco, non l'ideale quindi per filmare una sequenza di caccia dove lo stare nascosti e avvicinarsi con circospezione è fondamentale per impedire agli animali di scappare via. 

Non si cosuma nulla più del necessario per sostentarsi, l'uccisione di animali che oggi può apparire brutale fatta in quel modo, non presenta caratteri "eccessivi", ma deve essere vista alla luce del ciclo della vita, la morte di un essere vivente per permettere la sopravvivenza di un altro, nula più, nessun sovraconsumo alimentare o produzione intensiva industriale. Nanuk l'esquimese per tutti questi motivo si può considerare come il primo e vero prototipo di documentario, con un'influenza notevole su tutte le opere successive, l'uso ironico talvolta delle didascalie nel commentare talune scene divertenti, ad esempio lo si può trovare oggi nei documentari di Michael Moore. Il povero protagonista morirà di tubercolosi due anni dopo il film, ma il mondo del cinema ha reso la sua esistenza ed il suo ingegno di cacciatore immortale per sempre grazie al successo della pellicola che seppur senza divi e girata in condizioni produtive indipendenti, sfondò all'epoca presso il pubblico incuriosito da questa civiltà percepita come distante ed esotica.

 

 

 

Film aggiunto alla playlist dei capolavori : //www.filmtv.it/playlist/703149/capolavori-di-una-vita-al-cinema-tracce-per-una-cineteca-for/#rfr:user-96297

 

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