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Fiori d'acciaio

Regia di Herbert Ross vedi scheda film

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La recensione su Fiori d'acciaio

di LorCio
7 stelle

Ah, le donne del sud! Quanti drammoni retti sulle spalle delle piccole, grandi donne del sud degli Stati Uniti, e il buon Tennessee Williams ne sa qualcosa. All’origine di questo melodramma americano c’è una commedia teatrale (e tutto sommato si sente) di successo ambientata in un piccolo paese della Louisiana, in cui un gruppo di donne di varie età attraversa la vita tra chiacchiere, sorrisi, tragedie e rinascite.

 

Creato per soddisfare il bisogno di lacrime di un certo tipo di pubblico (per quanto siano film che, in maniera spesso sorprendente, riescono a coinvolgere tanto le romantiche signore di mezz’età quanto taluni uomini di spiccata sensibilità), Fiori d’acciaio (in originale Steel Magnolias, in onore delle magnolie, fiori tipici dei luoghi che fanno da sfondo alla storia) correva il forte rischio di essere tremendamente indigesto nella sua miscela di topoi narrativi già visti mille volte in molti film (tra l’altro tornati di gran moda dopo i successi planetari di Gente comune e Voglia di tenerezza) e nella sua campestre (se non stucchevole) rappresentazione della provincia più profonda (che di lì a qualche stagione sarebbe stata abbastanza dissacrata da Tim Burton con Edward mani di forbice) tutta presa dai suoi riti collettivi (matrimoni, feste di paese, funerali).

 

Riesce invece a convincere (e anche ad appassionare, perché no) soprattutto grazie all’ottimo cast in campo, dalla due volte premio Oscar Sally Field (che sottolinea ancor di più quella componente matronale che esploderà nella memorabile interpretazione di Nora Walker nel serial Brothers & Sisters) alla giovane Julia Roberts, ma gli applausi a scena aperta sono per i fenomenali duetti di Olympia Dukakis (quintessenza del pettegolezzo strapaesano e borghese) e Shirley MacLaine (la tipica vicina di casa strana, scorbutica ma inevitabilmente simpatica). Herbert Ross si limita a dirigere il traffico con paziente diligenza. Musiche inequivocabilmente di Georges Delerue.

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