Regia di Pupi Avati vedi scheda film
Non è un film particolarmente originale, è la storia in parallelo di due talenti musicali (uno solo accennato, l'altro fatto e finito) e di due differenti finali per la storia comune da essi intrapresa; non è un film dalla recitazione brillante, poichè Santamaria e Briguglia appaiono abbastanza limitati e non solo nelle vesti di jazzisti; non è nulla di eccezionale, insomma, ma è il discreto lavoro di un 'artigiano' cinematografico come Avati, che ama ripercorrere la sua vita attribuendola ai suoi personaggi e fantasticandovi sopra. L'amore per il jazz, cui il film è un aperto tributo, scatena le passioni, ma anche le ansie e le problematiche di un momento cruciale della vita, ovvero quello del passaggio "all'età adulta"; il padre-Dorelli (altro amante del genere) che rappresenta il fallimento dei sogni artistici per il figlio-Briguglia è solo un ammonimento alla ciclicità della vita: anche opporsi a ciò che il destino ha in serbo per noi, in fondo, è impossibile. E' con una certa amarezza che Avati ci mette davanti a questa considerazione fatalistica, in un lavoro probabilmente non riuscitissimo nell'esposizione (la scena del bisticcio in sala prove è semplicemente patetica), ma che lascia allo spettatore alcune immagini profonde su cui riflettere (le didascalie sul passaggio, sfuggente e silenzioso, della cometa).
Due amici, accomunati dalla passione per il jazz, formano un quintetto ed ottengono i primi successi. Uno dei due però si accorge di non avere il talento e preferisce chiudere l'avventura musicale per finire gli studi e trovare un lavoro da impiegato. L'altro, più dotato, continuerà da solo.
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