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La bestia

Regia di Walerian Borowczyk vedi scheda film

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La recensione su La bestia

di scapigliato
9 stelle

La giovane americana Lucy giunge nella casa del suo promesso sposo, discendente di una nobile famiglia, la notte prima delle nozze. Curiosando fra vecchi libri, scopre la vicenda di un’antenata caduta vittima di un mostro dei boschi, che fu sconfitto con le armi del piacere.

Lucy guarda e trasfigura ciò che vede con la fantasia – visione e immaginazione: non è questa l’essenza del cinema? All’arrivo nella residenza di campagna utilizza immediatamente la sua macchina fotografica da turista per immortalare l’accoppiamento di due cavalli. Più tardi, riguardando le istantanee e le immagini di un libro antico che rappresentano una bestia sessualmente molto dotata, un certo languore erotico la pervaderà irrimediabilmente. Nel tentativo di soddisfarlo si masturberà con i petali di una rosa – scena copiatissima in molti altri film e utilizzata già in precedenza dallo stesso Borowczick in Storia di un peccato (1975).

La creatura bestiale è l’espressione dell’appetito sessuale allo stato puro, senza remore né mediazioni di alcuna morale. Sia Lucy, nel delirio erotico, che Romilda, l’antenata che affronta e sconfigge la bestia, ne sono al contempo atterrite e attirate. E’ lo stato di natura – non a caso la storia di Romilda è ambientata nel Settecento libertino e rivoluzionario – contro gli infingimenti e le ritualità ipocrite della repressione culturale. Infatti, l’arrivo di Lucy scatenerà il riaccendersi di antiche suggestioni e paure negate, ma non debellate. Fra servitori in fregola e prelati irretiti dalla fresca impudicizia dei chierichetti che li accompagnano, si scoprirà che il promesso sposo ha un segreto morfologico che può rivelarsi devastante per l’intera casata.

La lunga sequenza dell’inseguimento e della copula della bestia con Romilda, ricostruita dall’immaginazione di Lucy, è un piccolo gioiello di erotismo cinematografico. Viene scomposta in due momenti, riuniti tematicamente dal commento sonoro di un clavicembalo tra l’inquietante e il seducente. Romilda esce di casa per andare a cercare il suo agnellino smarrito – metafora fin troppo evidente di un’innocenza che va a perdersi – e scoprendone i poveri resti comincia ad avvertire la presenza di una minaccia. Tenta la fuga, ma viene raggiunta mentre sta cercando di salire su un albero. Da questo momento la progressiva spoliazione degli abiti, il turgore bestiale che si accanisce ed esplode, la metamorfosi da terrore a piacere che attraversa Romilda rappresentano un crescendo davvero magistrale di tensione erotica. La rosa di Lucy e la chiocciola che Romilda guarda languida mentre il mostro la possiede stanno entrambe a rappresentare il sesso femminile. Origine del mondo e di tutte le sua manifestazioni.

Poi vi troviamo di tutto, un figlio complessato che ama vedere i cavalli copulare, un padre assassino, uno zio misogino, un prete pederasta, una figlia ninfomane, un servo di colore con i gioielli in bella mostra, e infine una ragazza per bene che in quell’atmosfera sessualmente repressa sogna il rapporto carnale con una leggendaria bestia di cui si favoleggia. Non è difficile trovare nella magione aristocratica in cui si sente ingabbiata la ragazza il corrispettivo della società borghese, sessuofoba e ipocrita che castra le libertà tutte in particolare quelle legate al piacere sessuale. La perversione zoofila, o comunque l’esasperato desiderio sessuale, porta la protagonista a riuscire a fuggire da quella casa. Simbolicamente la trasgressione come fuga. Così il film di Borowczick acquista una dimensione politico-sociale e vari livelli d’interpretazione, seppur legati ai piaceri della carne.

Il film uscì nelle sale cinematografiche italiane in una prima versione di 96’, mutilata di alcune delle scene più forti. Nel 1986 ne uscì una seconda versione, di 104’, che recuperava lo stato originale della pellicola.

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