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Fino all'ultimo respiro

Regia di Jean-Luc Godard vedi scheda film

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La recensione su Fino all'ultimo respiro

di steno79
10 stelle

VOTO 10/10  "A bout de souffle" è considerato da gran parte della critica un'opera rivoluzionaria nella storia del cinema e dunque un capolavoro, uno dei pochi film che riuscì a rinnovare il linguaggio cinematografico in virtù delle sue novità a livello stilistico, paragonate da Susan Sontag alle innovazioni in campo letterario di James Joyce o a quelle musicali di Stravinskij. Per diverso tempo ho avuto alcuni dubbi sulla grandezza di questo film, ma all'ennesima visione sono riuscito finalmente a scioglierli: quello che colpisce in questo e in altri film di Godard è la sensazione di libertà trasmessa dalla regia, lo stile innovatore e iconoclasta (montaggio discontinuo e frammentario, rotture di tono ricercate, accumulazione di falsi raccordi, ossia il celebre "jump cut" che non fu inventato da Godard, ma che divenne popolarissimo proprio a partire da questo film). Il film fu il manifesto teorico della Nouvelle vague e contribuì a creare un nuovo cinema, che almeno fino a un certo punto diede frutti gloriosi (anch'io apprezzo Godard fino al 1968 circa; la sua evoluzione successiva non mi ha convinto e, per quei pochi titoli che ho visto, l'ho trovata eccessivamente intellettualistica). E' un film in cui la trama conta poco e in cui il regista si concentra quasi unicamente sullo stile e la creazione di atmosfere: provocatorio, anarchico, controcorrente e, a tratti, fittamente dialogato (ma nell'ultima visione ho apprezzato molto di più proprio la lunghissima scena nella camera d'albergo di Jean Seberg, che dura circa 25 minuti ma non annoia grazie alla sapiente scansione dei vari momenti che la compongono, e che risulta in definitiva l'elemento di maggiore rottura dell'opera rispetto a tutta la tradizione precedente). Girato tutto in esterni parigini autentici, spesso con la macchina a mano in luogo del carrello dal grande operatore Raoul Coutard, ebbe un notevole successo di pubblico e fece di Belmondo e della fragile Jean Seberg due star (ma a beneficiarne sarebbe stato soprattutto il primo, vista la sua lunga carriera). Tra le altre cose, un film che parla di amore, di tradimento, di angoscia esistenziale e di morte e che rende esplicito omaggio alla serie B americana. Un'opera prima che ha influenzato tantissimo il cinema moderno, come vent'anni prima lo fece Quarto potere di Welles.

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