Regia di Jean-Luc Godard vedi scheda film
A volte sarebbe meglio non vederli nemmeno, film come questo, ultra esaltati dalla critica, ma ormai fruibili soprattutto come documento storico. Questo non è stato neppure il primo tentativo di vedere questo (come dice Mereghetti) "capolavoro della nouvelle vague", ma le altre volte avevo desistito per noia e fastidio: questa volta mi sono imposto di vedere il film (direi che fino a qui possiamo accordarci tutti: è un film) dall'inizio alla fine. E non nego la sua importanza nella storia della cinematografia mondiale: solo per dirne una, il rifiuto dell'uso del carrello in favore della macchina a mano è una chiara istanza di libertà del cinema, un po' come nel confronto tra il bufalo e la locomotiva in "Buffalo Bill" di De Gregori. E così pure i salti bruschi nel montaggio si schierano contro un' eccessiva levigatezza del linguaggio cinematografico, tipica dei prodotti della majors hollywoodiane. Però, trattandosi di un film, si dovrebbe chiedere qualcosa di più che i mascelloni di Belmondo o i suoi discorsi che sono di una banalità sconcertante. Qui, al cospetto di tanta tecnica e di cotanta riflessione filosofica sul cinema, manca l'anima, quella che si trova, a piene mani, nei "Quattrocento colpi" di Truffaut o anche in "Le signe du Lyon" di Rohmer.
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