Regia di Jean-Luc Godard vedi scheda film
Abbastanza impegnativo questo film manifesto della Novelle Vague transalpina, scritto da cotanto uomo (François Truffaut) e diretto da cotanto regista (Jean-Luc Godard). A boute de souffle è puro cinema cerebrale, molto intellettuale (forse troppo), che mira alto il suo bersaglio ambizioso: reinventare il cinema, conferirgli uno stile e una dinamicità nuovi, moderni, avanguardistici. La storia di questo ladruncolo che la fa grossa (uccide un uomo) e si innamora di una americana che alla fine lo consegnerà alla giustizia sarebbe anche esile, ma è quel che basta a Godard per esprimere la propria idea di cinema, assolutamente originale per quel momento storico. Ad oggi, però, (ma forse anche ieri, chissà) la sua visione è difficoltosa sia per la dilatazione di alcuni frammenti (la sequenza nella camera d’albergo, per dire: il giochetto del "che significa" regge fino ad un certo punto) e i suoi ottantasei minuti risultano alla fine densissimi, pieni, completi. E anche l’intermezzo con lo scrittore greco (e qui si inizia a parlare di politica e cultura) in fin dei conti è pesantuccio ed influenza il resto di quest’opera originale e finanche ingenua (d’altronde è il primo Godard, e nessuno nasce imparato, neanche un redattore dei Cahiers du Cinema), ma certamente fondamentale per capire il corso mutevole dell’arte cinematografica dal 1960 in poi. Quanti adepti godardiani ne hanno seguito i termini stilistici – compreso il nostro Bernardo Bertolucci. Jean-Paul Belmondo, mischiando cinisco e tenerezza, spavalderia e smarrimento, disegna un bel personaggio di sinistro fascino. Un caldo sottofondo jazz.
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