Regia di Kim Ki-duk vedi scheda film
Ci sono le vernici colorate. C’è un po’ di Bad Guy. Ci sono la venere acquatica e gli esseri anfibi di Seom. E, soprattutto, in questa opera prima di Kim ki-duk, c’è già la marginalità dipinta come una condizione straordinaria, carica di una poesia al contempo selvaggia e religiosa, istintiva e spirituale. La povertà (del protagonista, di suo figlio e di suo padre, che vivono accampati sulla riva di un fiume) e la disperazione (di una giovane donna che tenta il suicidio gettandosi da un ponte) sono i veicoli di un’ascesi mondana, che spalanca le porte di un mondo esclusivo, e privo di regole, perché dominato dalla fantasia di immaginare e dalla libertà di essere. L’amore vi abita come un’espressione umana svincolata da obblighi e convenzioni, e che per questo percorre vie anomale, però sempre naturali, semplici e dirette. I bassifondi metropolitani e, in generale, le zone d’ombra dell’ambiente civilizzato divengono così il rifugio di un minimalismo creativo e controcorrente, che trasforma i rifiuti, le cose futili, trascurabili o indesiderate, in sostegni per la vita, e in rampe di lancio per i sogni. Sul versante opposto, in questa sorta di universo rovesciato si scatena la perversa capacità di vedere in ogni oggetto, anche il più innocuo, un’arma per ferire, umiliare o anche uccidere, con la stessa indifferenza con cui un bambino lo userebbe per giocare. La normalità ha un lato nascosto, che ridefinisce i significati usuali secondo invenzioni individuali ed estemporanee: è in quei doppi sensi che l’esistenza quotidiana riesce a trovare una forma originale e spontanea di profondità, al di sotto della superficie livellata dalla consuetudine. In Crocodile le lattine, il distributore automatico, le barchette di carta, i mobili da salotto, con le loro funzioni diverse dal consueto, ed estranee rispetto alla loro natura, prefigurano i ruoli del ferro 3 e dell’arco negli omonimi film: arredi e simboli di un modus vivendi sfuggente ed alternativo, e, destinato infine, in un modo o nell’altro, a sublimarsi nell’invisibilità.
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