Regia di Nicole Kassell vedi scheda film
"Qual'è la cosa peggiore che hai fatto?" domanda Walter a Vicki, sua collega di lavoro, con la quale ha appena fatto l'amore e che, con garbata insistenza, vuole conoscere che cosa gli sia successo. Dopo la banale affermazione della donna (è stata a letto con il marito della sua migliore amica) arriva la risposta shock di Walter. "Ho molestato delle ragazzine." Vicki ride divertita, pensando ad una battuta. La stizzita replica di Walter però la gela: "Dodici anni di galera non sono uno scherzo!". E' la scena cruciale di "The woodsman - Il segreto", esordio alla regia di Nicole Kassell, anche sceneggiatrice insieme a Steven Fetcher, autore della piece teatrale da cui il film è tratto. Opera allo stesso tempo scomoda e coraggiosa (per il tema che affronta), pudica e introspettiva (per come lo affronta). Con un profondo sguardo morale ed una inedita e sincera intimità (per il cinema corrente), la Kassell indaga l'assai problematico reinserimento nella società di un uomo, colpevole di un crimine gravissimo, terribile, probabilmente non perdonabile. Il grande merito della regista, e la vera originalità del film, consiste nella particolare ed audace prospettiva scelta. Evitando inutili scabrosità o facili scandalismi la Kassell ci fa dolorosamente identificare con il suo "mostruoso" protagonista. Walter, dopo l'uscita dal carcere, è un uomo completamente solo ("Tanto tempo fa sono stato allontanato e quando sono tornato gli amici erano spariti"), catapultato, forse suo malgrado, in un mondo che, ai suoi occhi, sembra "ringiovanito". La sorella non vuole più saperne di lui, l'unico parente che ogni tanto gli fa compagnia è il cognato Carlos. Periodicamente va da uno psicologo, incaricato dal tribunale di seguirlo, anche se parlare con lui "è come girare su una cazzo di giostra" e riceve la visita di Lucas, un poliziotto di colore, sempre piuttosto crudele, ostile e sprezzante nei suoi confronti: "Tu sei questo per me, un pezzo di merda. Potrei anche buttarti dalla finestra. Pensi che mancheresti a qualcuno? Potrei dire che ti sei buttato quando mi hai visto. A chi crederebbero? A me o a te? Tu sei cacca spiaccicata..." In falegnameria dove, come dice allo psicologo "non inseguo il titolo di Mister Popolarità", sta in disparte, sia quando è al lavoro sia quando è in mensa, rifiutando occasionali compagnie, anche per una semplice chiacchierata. Trova esclusivamente l'affetto di Vicki, una che "non si scandalizza", ed è emarginata e delusa quanto lui, ma ben presto dovrà scontrarsi con le minacce e la rabbia dei colleghi che hanno conosciuto il suo passato e lo considerano "merce guasta, molto guasta". Walter cerca faticosamente di iniziare una nuova vita, i fantasmi del passato lo perseguitano (intensa la sequenza in cui pedina una ragazzina al centro commerciale), i pregiudizi nei suoi confronti sono continui e tremendi, vive nell'inquietudine, nella sensazione di essere perennemente sotto accusa, nel timore di essere comunque additato come un colpevole. Emblematica e straordinaria in questo senso, nella rappresentazione dello stato d'animo tribolato, confuso e lacerato del protagonista, la scena in cui Walter è al lavoro e nell'officina entra il suo capo. Walter si ferma, si toglie gli occhiali, il suo datore di lavoro sembra avvicinarsi verso di lui. Walter pensa che gli debba comunicare qualcosa di poco piacevole (forse un licenziamento). Nei suoi occhi si vede tutta l'apprensione e l'angoscia di chi teme il peggio. Invece il suo capo deve solo parlare con un suo collega. Walter può così riprendere il suo lavoro. "Riuscirò a essere normale?" si domanda ossessivamente. Walter è convinto di non essere "un mostro", ma è anche ben consapevole che le statistiche e le probabilità sono contro di lui, perché dicono che i pedofili sono condannati, nella stragrande maggioranza dei casi, a ricadere nei loro stessi errori. Glielo dice anche il poliziotto: "Non so perché li lasciano liberi i mostri come te. Significa solo che dobbiamo acchiapparli un'altra volta." Walter però ci vuole provare. "Ci vorrà del tempo Walter! Pensa di potercela fare?" " gli domanda lo psicologo. "Penso che ce la farò" è la convinta risposta di Walter, ora sostenuto anche dall'amore di Vicki, capace di andare oltre le apparenze e vedere finalmente nell'uomo qualcosa di buono. Allora forse per Walter verrà il momento in cui realizzerà finalmente la sua personale idea di normale, vale a dire "quando riesco a vedere, a stare vicino, a parlare con una ragazzina senza pensare a...". Kevin Bacon, dopo "Sleepers" e "Mystic River", ancora alle prese con un tema ostico, offre un'interpretazione da brividi, solo qualche anno fa inimmaginabile per l'ex ballerino di "Footloose", confermando un grado di maturità ormai completo. Non da meno la compagna di set e moglie nella vita, la struggente Kyra Sedgwick. Non tutto fila comunque liscio nel film. Per esempio superflua appare la vicenda del caramellaio, il nuovo pedofilo che si aggira nella zona e contro il quale si scatenerà l'ira incontenibile, catartica e redentrice di Walter, avallata dal poliziotto Lucas, ben consapevole che l'aggressore è stato Walter, ma disposto a non arrestarlo, forse perché ai suoi occhi ha agito come quel cacciatore di cui "questo mondo di merda" è privo. Non sviluppata al meglio la figura della ragazzina Robin. Così se da un lato la lunga sequenza della chiacchierata sulla panchina, nel bosco, tra Robin e Walter è intensa ed estremamente realistica, soprattutto nel momento in cui Walter chiede a Robin di sedersi sulle sue ginocchia, rivelando, per un attimo, l'impressione di cadere ancora una volta nella sua maledetta malattia, di cedere nuovamente a quella insana tentazione, dall'altro non si capisce l'utilità né il motivo di fare di Robin, a sua volta, la vittima di un padre perverso (viene da chiedersi se in quella cittadina sono tutti pedofili). E così anche le rivelazioni sul passato di Vichi, molestata (pure lei!!!) da piccola dai tre fratelli maschi paiono di troppo. Non convince infine nemmeno la parentesi in cui Mary Kay, la segreteria della falegnameria, mette negli armadietti di tutti gli operai un foglio con ben evidenziato il crimine commesso da Walter: episodio gratuito e per nulla incisivo, quasi irritante nella sua ovvietà, capace solo di togliere tensione alla narrazione. Ci sono però un'onestà di fondo, una rara intelligenza, un'inconsueta "purezza" e una dolente pietà nell'affrontare una realtà cruda e durissima da un'ottica non scontata né prevedibile. "The woodsman" (il titolo originale con i suoi evidenti riferimenti fiabeschi è molto più significativo di quello italiano, dato che, peraltro, il segreto di Walter viene rivelato quasi subito), pur con le sue imperfezioni, è un'opera densa di umana compassione, che non ha l'ambizione di volerci far comprendere né tanto meno perdonare il protagonista. Tenta piuttosto un'operazione più sottile e delicata: farci avvicinare al mondo oscuro, ambiguo e complesso di un uomo, ora cosciente dello sbaglio terribile che ha commesso e che con grande sforzo cerca di ritrovare la sua dignità perduta. In questo uno dei film più significativi e preziosi degli ultimi anni. Presentato al Sundance Film Festival di Robert Redford e alla Quinzaine des Realisateurs del Festival di Cannes.
Voto: 7+
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