Regia di Renato Savino vedi scheda film
Ultimo e peggior lavoro di Renato Savino, ispirato dal terrificante fatto di cronaca noto come "Il massacro del Circeo".
Roma. Marco (Gino Milli), pariolino figlio di un ricco industriale, è a capo di un gruppo estremista di stampo nazista, e non impiega un attimo a decidere di punire Enrico (Mario Cutini): un socio (anche fondatore del gruppo) colpevole di intessere una relazione amorosa con Franca (Sarah Crespi), una ragazza del "popolo". Invia dunque due scagnozzi - accompagnati dalla fedele Gianna (Cristina Businari) - a spiare Enrico mentre giace in intimità in macchina con la ragazza, che vengono invece sorpresi dalla banda dei poveri borgatari di "Schizzo" (Emilio Locurcio). In particolare questi violentano Gianna (tutt'altro che sconvolta dal fatto, anzi al contrario). Tra piccoli furti, ripicche e qualche acceso contrasto tra le due bande, Marco scopre di essere attratto da romanzi estremi, sognando di essere autore di un delitto, vittima una giovane donna sopresa, nuda, in casa. Organizza allora un party in una villa di proprietà, dove ospita due ignare adolescenti con intenzione di dare sfogo ai suoi macabri impulsi. In compagnia di altri elementi della banda, stupra le ragazze finendo per ucciderne una, Marina Boni (Paola Corazzi). La notizia giunge sui giornali e stimola Schizzo ad emulare il rivale di sempre, avendo da tempo in progetto di aggredire una ragazza fatta pedinare dai suoi uomini.
"Pur traendo spunto da fatti reali gli eventi narrati in questo film sono puramente immaginari. Ma tutto ciò può veramente accadere a voi e alla vostra famiglia. Cosa fate per evitarlo?" (Contraddittoria didascalia posta in chiusura, prima dei titoli di coda)
Era da poco avvenuto il macabro e terribile omicidio divulgato dalla cronaca come "Il massacro del Circeo". Il 29 e il 30 settembre 1975, Donatella Colasanti e Rosaria Lopez, vengono attratte con l'inganno da tre pariolini, ospitate in una villa di proprietà col pretesto di partecipare a una festa. Qui vengono invece torturate e violentate, con il tragico epilogo del decesso della Lopez. Savino da questo terrificante esempio di cronaca decide di realizzare un film, che si apre con una serie di interviste effettuate in strada tra persone comuni che invocano a gran voce, a proposito della "gente colta sul fatto, dopo sei mesi già in libertà provvisoria", la pena di morte. Savino scrive, produce e dirige quindi il suo quarto e ultimo film che segue Grazie signore p... (1972), Decameron '300 (1972) e Mamma... li turchi! (1973).
Paradossalmente, pur essendo un film estremamente crudo, forse a causa di molte battute e un ironia da "commedia sexy" apparentemente fuori luogo, I ragazzi della Roma violenta (titolo che cerca di sfruttare il successo dei "poliziotteschi", pur essendo tutt'altra cosa) non incontra ostacoli in censura, uscendo con il divieto ai minori di 18 anni ma senza tagli. Paradossalmente, perché al contrario Savino ebbe noie sia con Grazie signore P... che, soprattutto, con il Decameron '300, pellicole ben più innocue di questa. Sono chiare le intenzioni del regista, ossia di mettere in rilievo come la violenza gratuita prolifichi abbondantemente in seno all'ignoranza, nella quale trova terreno fertile per sviluppare anche in forma estrema, emergendo in ambienti senza limiti di casta (ricchi e poveri), né politici (nazionalsocialisti e comunisti). Nonostante le buone idee, Savino ha però a disposizione un cast tremendo, costituito da attori secondari quando non vere e proprie comparse. I dialoghi poi sembrano essere stati molto poco curati e le continue derive in battute volgari e di dubbio gusto non aiutano il film a emergere dalla mediocrità tecnica e di messa in scena. A differenza di precedenti lavori del regista, I ragazzi della Roma violenta finisce così per essere un film dalle forti potenzialità, rimaste sostanzialmente inespresse. I gusti non si discutono ma chi arriva a dare punteggio massimo a un film come questo mente, in maniera consapevole o ingenuamente cieca. Una valutazione squisitamente obiettiva deve sempre tenere conto di sceneggiatura, cinematografia e recitazione e impone un minimo di onestà intellettuale. Che poi Savino sia stato un regista interessante, e purtroppo poco attivo, è altrettanto un dato di fatto.
Curiosità
Il gruppo di fanatici neonazisti, sfegatati cultori di Hitler e delle differenze di razza, decide di impartire una lezione a un docente anarchico di nome Giuseppe Rossi - (cog)nomen omen - strizzandogli (letteralmente) i testicoli con una tanaglia. L'attore che interpreta il professore è Renzo Rinaldi, celebre volto noto nella pubblicità della Bistefani ("E chi sono io, Babbo Natale?"). La scena, sconvolgente nell'assunto, sullo schermo appare in forma macchiettistica, come molte altre sequenze che avrebbero invece meritato un approccio del tutto differente e soprattutto più serio.
Citazioni
"Te la caverai con qualcosa di rotto, ma non preoccuparti perché è qualcosa che non si vede..." (Marco ad una delle due adolescenti, prima dello stupro)
"Eros e Thanatos, un connubio perfetto. La morte dei deboli, per l'amore dei forti. E i forti, vivranno in eterno." (Marco)
"Nello stupro la donna non è più libera di dare o di non dare, viene presa. Ma è solo la donna che può dire 'prendimi'. Se non lo dice, se non si apre, può solo essere lacerata. Lo stupro è una lacerazione della volontà." (Francesco Alberoni)
Titoli di testa
F.P. 20/03/2021 - Versione visionata in lingua italiana (durata: 85')
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