Regia di Curtis Hanson vedi scheda film
Una coppia clandestina si incontra nell’appartamento di lui: lei, affacciandosi sulla piazza sottostante, assiste per caso a un tentativo di stupro; lui, per non comprometterla con il marito (che è anche il suo capo), si offre di fare il testimone “oculare” (in fondo, come gli dice il procuratore, “tutto quello che dovrà fare è dire la verità”), ma al processo viene smontato dall’avvocato difensore in quanto miope: a quel punto decide di condurre indagini in proprio per smascherare il colpevole, che nel frattempo ha ucciso altre due ragazze, ma la polizia comincia a sospettare di lui... Hanson era un bravo regista, mediamente migliore dei film che dirigeva. A un certo punto deve essersi chiesto “ma perché De Palma sì e io no?”, e il risultato è questo pastiche di temi hitchcockiani: la finestra da cui si osserva un delitto, l’innocente che viene creduto colpevole (l’accoltellamento in apparente flagranza è un’aperta citazione di Intrigo internazionale) e alla fine, per non farci mancare nulla, c’è pure la bruna che si camuffa con una parrucca bionda. È una rivisitazione ruspante, con una sceneggiatura un po’ tirata via (particolarmente ridicola la scena in tribunale, dove è evidente a chiunque che il testimone viene imbeccato da una donna del pubblico), ed è difficile prendere sul serio Steve Guttenberg in un ruolo drammatico; ma in compenso c’è un bello scontro a distanza fra due attrici diversissime come Isabelle Huppert, riccastra altezzosa, e Elizabeth McGovern, simpatica cameriera. Poi siamo a Baltimora, e quindi le allusioni a Poe si sprecano: non manca un locale dedicato a lui.
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