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36, Quai des Orfèvres

Regia di Olivier Marchal vedi scheda film

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La recensione su 36, Quai des Orfèvres

di Peppe Comune
8 stelle

Una spietata banda di rapitori hanno svaligiato sette furgoni in meno di diciotto mesi, ucciso nove portavalori e fatto un bottino che si aggira intorno ai due milioni di euro. Il ministro esorta"a prendere la situazione di petto e di fare di tutto per fermare questi criminali che da troppo tempo ridicolizzano le istituzioni". Di questa esigenza vengono investiti Leo Vrinks (Daniel Auteuil) e Denis Klein (Gerard Depardieu), rispettivamente capo dalla squadra antirapina e di quella dell'antibanditismo. E' innanzitutto una questione di tempo e la cosa non è di poco conto per uomini a cui il tempo sembra non bastare mai, neanche per cicatrizzare definitivamente vecchi dolori. Vrinks e Klein, per anzianità, stato di servizio e grado, sono entrambi proponibili per il posto di direttore della polizia giudiziaria che Robert Mancini (Andrè Dussollier) sta per lasciare perchè promosso a un incarico superiore, e le cose si sono messe in modo che chi dei due riuscirà a prendere la banda di rapitori prevarrà sull'altro. Per la verità Vinks non è affatto interessato alla carica, mentre Klein è il tipo d'uomo assetato di potere.

 

 

Tra i due inizia una vera e propria partita a scacchi dove in gioco, più che una menzione di merito ulteriore sul proprio stato di servizio, c'è la sopravvivenza dell'amicizia virile, del senso di appartenenza a un codice comportamentale sancito con un patto tra uomini da un lato, e l'opportunismo come arma da usare a ogni costo pur di giungere al fine di arrivare all'ambito premio dall'altro. In ogni caso l'obbligo imposto a un poliziotto di marcare con nettezza il limite tra il lecito e l'illecito diventa un mero esercizio lessicale. La differenza è puramente qualitativa e Vrinks e Klein sono due poli accomunati dalla condivisione del medesimo campo di battaglia, un campo in cui la deontologia professionale di un poliziotto incontra più di una deroga, in cui si battono strade diverse da quelle canonizzate dai regolamenti scritti. Agiscono solinghi in un sistema in cui la corruttibilità è la regola e il realismo dei compagni martoriati dalle pallottole si imprime irrimediabilmente nell'animo, apre voragini che li riconduce a un passato che si credeva, se non sepolto del tutto, almeno depurato della sua carica esplosiva. "36, Quais des Orfèvres" è un film adulto, degno della migliore tradizione del polar francese. Olivier Marchal mostra una maturità sconvolgente nel tratteggiare la precarietà esistenziale di uomini vinti dall'impossibilità di venire a capo del loro destino ed è magistrale la polarizzazione delle vicende umane attorno a due archetipi come Vrinks e Klein : perfettamente consapevole di non poter più sfuggire a un ruolo sacralizzato per lui dall'andamento sistemico delle cose l'uno, illuso di chiudere i conti col passato e di rigenerarsi come uomo grazie al nuovo ruolo nelle stanze del potere l'altro. Accompagnato da una musica mai invasiva, la regia di Marchal si muove sinuosa tra i meandri della malavita francese e ogni tanto si concede qualche sosta sulle sponde quiete degli affetti familiari o della sincerità di un'amicizia vissuta come fondamentale scopo esistenziale. Grandi gli attori con una menzione speciale per Daniel Auteuil, vero punto nevralgico dell'intera poetica di Marchal ( il film segue "Gangster" e precede "L'ultima missione" in una sorta di trilogia che lo vede come protagonista negli ultimi due). Il film investe molto sul corpo di Auteuil, sulle sue movenze segnate da vecchi e nuovi dolori. Credo che prevalga soprattutto l'aspetto umanista della vicenda e questo fa si che, nonostante i chiari riferimenti ad alcuni classici del noir contemporaneo ( Michael Mann su tutti ovviamente), Marchal rimanga ancorato alla migliore tradizione del suo paese. Siamo dalle parti di Melville e probabilmente il maestro non avrebbe problemi ad iscriverlo tra i suoi migliori epigoni contemporanei.

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