Regia di Olivier Marchal vedi scheda film
Quello di Marchal è un ottimo film, migliore di molti prodotti analoghi made in USA, teso, serrato, ben dialogato e stupendamente fotografato. In alcuni momenti sembra ricordarsi, pur con un mondo di mezzi in più, della lezione del cinema di genere italiano degli anni settanta (tipo Di Leo) e fa pensare anche a qualche atmosfera dei romanzi di Scerbanenco. Per quanto mi riguarda, "36 Quai des Orfévres" è riuscito perfino a farmi superare la mia inveterata avversione per Valeria Golino e a rendermela più o meno sopportabile. Oppure, negli ultimi anni, l'attrice italiana ha duramente lavorato sulla propria voce.
Il duo dei protagonisti contribuisce notevolmente alla riuscita globale, con il misurato Auteuil e un Depardieu roccioso come non gli capitava da tempo (altro che l'esagitato ciccione di "Vatel"!). Grazie a un copione ben scritto (Marchal e lo sceneggiatore Loiseau sono stati poliziotti), acquistano rilevanza anche le figure di contorno (bravi Dussollier, Duval e gli altri ragazzi del coro), fra le quali, una volta tanto risaltano i personaggi femminili, non altrettanto meschini della gran parte di quelli maschili.
All'indirizzo del titolo c'è la storica sede della polizia criminale di Parigi, e in quella sede ci sono tanti poliziotti, tra i quali l'ingenuo Léo Vrinks e il rognoso Denis Klein, disposto a tutto pur di fare carriera.
Recita meno peggio di come me la ricordavo. Essendo passati almeno dieci anni dall'ultima volta che avevo visto un film con lei, non escludo che abbia potuto prendere qualche lezione di recitazione.
Una rivelazione: speriamo che ci facciano vedere anche gli altri suoi film.
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