Regia di Saverio Costanzo vedi scheda film
Qual è la posizione giusta, eticamente e politicamente corretta, in cui piazzare la macchina da presa quando inquadra i lembi, i contorni, i danni collaterali, meno noti e molto spesso invisibili, di una guerra? Saverio Costanzo nel suo pregevole e importante film d’esordio (Pardo d’oro e premio per l’attore Mohammad Bakri al Festival di Locarno 2004) sembra farsi questa domanda in ogni inquadratura, in ogni scavalcamento di campo (da intendere qui non in senso strettamente tecnico, ma il campo è quello culturale e antropologico) e prima di dare ai suoi bravissimi (almeno nella versione originale) attori-persone l’azione e lo stop. La risposta esatta e assiomatica, secondo il regista, non esiste (non è impensabile che non sia mai esistita). È una questione ontologica che richiede un linguaggio fatto di strappi, di reticenze visive, di un uso, sonoro e minaccioso, del fuoricampo, di uno scandaglio concitato e scontornato del tempo della narrazione e del tempo narrato. Il confine di ferro e fluido che divide e insanguina la realtà mediorientale si sposta in una casa isolata che metaforicamente è in un territorio tra gli insediamenti israeliani e un villaggio arabo. Nella casa vive la famiglia di Mohammad, preside di una scuola, uomo colto, appassionato di letteratura inglese, legato, con orgoglio e pazienza, alla sua terra e contrario all’idea di andare via da lì e di ingrossare le fila dei rifugiati. L’irruzione di una pattuglia di soldati israeliani che occupano, per esigenze di sicurezza, il secondo piano dell’abitazione sconvolge e destabilizza la precaria quotidianità della famiglia palestinese e ne logora la dignitosa e fiera resistenza. Il protagonista, la moglie e i figli, reclusi tra una stanza-dormitorio e la cucina, costretti a non muoversi dal piano terra, sono gli interpreti esasperati di una convivenza coatta, di un vicinato sgradevole per tutte e due le parti (anche se c’è una differenza marcata tra chi occupa e chi è occupato), di notti lunghissime e drammatiche e di un incubo che non svaniscono con il sorgere del sole o con un negoziato.
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