Regia di Saverio Costanzo vedi scheda film
"Essere profughi significa non essere"
La frase pronunciata da Mohammad (Mohammad Bakri) alla moglie racchiude dall'inizio il filo conduttore del film. Esordio alla regia di Saverio Costanzo, risalente al 2004 ma dal tema attualissimo. Girato con macchina da presa digitale, vuole stilisticamente lasciare sfumati i contorni, soprattutto nel notturno. Mohammad è padre di una famiglia palestinese, con moglie e cinque figli vive in una modesta casa nelle terre di confine, tra palestinesi e israeliani. E' uomo colto, professore di inglese e con vivo entusiasmo insegna ai figli materie e vita. Nella loro quotidianità appaiono sereni anche se turbati da frequenti incursioni degli israeliani. Mohammad pensa al futuro dei suoi figli, vorrebbe che la figlia maggiore studiasse all'estero, ma non accetta l'idea di andarsene dalla sua terra come profugo, idealmente come sconfitta, come non essere, come perdere di identità. Una sera la loro casa viene occupata da un gruppo di soldati israeliani che invitano la famiglia ad andarsene. Come zona strategica la casa viene requisita, ma Mohammad non accetta. Con pacata fermezza decide di restare consapevole di dover restare confinato con tutta la famiglia nel solo piano terra, con divieto assoluto di accedere ai piani superiori. Una scelta non condivisa dal resto della famiglia che fa nascere qualche dissapore tra i figli maggiori. Col trascorrere dei giorni emerge l'insofferenza della famiglia, soprattutto della moglie e degli adolescenti, ma Mohammad sceglie la strada della convivenza. E' fermo, non si fa intimidire, non reagisce sperando di non inculcare odio verso i soldati nei propri figli. La figlia maggiore, spirito ribelle, decide di salire ai piani superiori iniziando a spiare la vita dei soldati. L'altro adolescente cova rancore ed è spinto a cercare soluzioni violente. Il più piccino è curioso e vorrebbe conoscere questi soldati, mosso da innocente interesse. Caratteri, pensieri, aspettative, risoluzioni diverse convivono col trascorrere dei giorni fino a che avviene per ordine militare il cambio dei soldati.
Costanzo è stato molto abile nella sua direzione ad enfatizzare le sfumature, a rendere i confini, i bordi e i chiaro scuri appena accennati. Una situazione "al confine", quella che vive la famiglia, ciò che spinge una persona o un popolo a divenire profugo. Mette anche l'accento su una possibile convivenza, i confini della casa sono i confini di un territorio, rivendicato, conteso, amato, strategico. Il comportamento del padre di famiglia, così saggio, si oppone al figlio estremista, rancoroso verso i soldati. Tante sfaccettature nei personaggi, nei loro caratteri che aprono il ventaglio delle possibili alternative. Anche i soldati, fra loro, sono disarmonici. I comandi ricevuti dall'alto vengono recepiti in modo diverso. Nel piccolo, Costanzo spinge a riflettere sulla situazione del profugo, sui fragili equilibri fra culture, popoli e territori. Sul dramma e il trauma di lasciare la propria casa, terra, vita usuale. Lascia l'interrogativo, il più grande, una convivenza è sempre possibile?
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