Regia di Oliver Stone vedi scheda film
Irrimediabilmente segnato dall’insopportabile musica di Vangelis e da un’interpretazione imbarazzante di Colin Farrell (tarchiato giovane irlandese che per sbrogliarsela tra le orde macedoni, persiane e indiane e tra le mollezze di svariate corti fa, nell’ordine, gli occhiacci, il broncio, l’occhio intenso del tragico), arriva Alexander, il titanico sforzo sull’antichità classica di Oliver Stone, che avrebbe fatto meglio a leggere meno libri e a rivedersi invece i Cecil De B. Mille dell’epoca d’oro e qualche peplum nostrano. Infatti, nonostante le sontuose scenografie di Jan Roelfs, le migliaia di comparse, il puntiglio con cui sono stati rievocati costumi, armi e tattiche militari, Alexander si trascina pesante, senza vera passione, azione, pathos. Certo, Stone voleva far emergere i lati nascosti e problematici dell’uomo, il suo spaesamento davanti alle culture che attraversava, i suoi sommersi retaggi infantili; ma anche tra questi si muove farraginoso, senza riuscire a sbalzare né un eroe né un personaggio maledetto. Ammosciato dall’imperversante voce off del vecchio Tolomeo (Anthony Hopkins), l’unico seguace arrivato a veneranda età, che racconta in flashback l’avventura di Alessandro, il film arranca pleonastico per 173 minuti, butta via due battaglie, ammicca incessantemente alla bisessualità del condottiero. Anche una ripassata a Spartacus di Kubrick non avrebbe nuociuto.
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