Regia di James Wan vedi scheda film
Saw significa sega, oppure segare. Ma è anche il passato del verbo see, ovvero vedere. Tutti i significati c’entrano eccome col film di James Wan, che mette in pista un serial killer appassionato di sfide. Le sue vittime devono cavarsela risolvendo un rebus di sopravvivenza: per esempio, due uomini incatenati in una stanza dove giace un cadavere con la testa spappolata; uno dei due, se vuole continuare a campare, deve uccidere l’altro; in che modo, è bene non rivelarlo. Se n’è parlato molto, di Saw, dalla sua presentazione al Sundance, dove peraltro si è potuta vedere la versione integrale, poi tagliata dal regista stesso per ricevere la R della censura (attenzione a probabili tagli ulteriori, dunque). Come unire i puntini nella Settimana Enigmistica, Saw è un giochino, che nella sua prevedibilità riserva alcune sorprese, magari anch’esse prevedibili, però funzionali. E poi ha il fegato di andare fino in fondo. Il rischio di un leggero moralismo è dietro l’angolo, e c’è una questione di sceneggiatura irrisolta (oddio, forse più di una) che riguarda il poliziotto di Glover. Ma il marchingegno deve proseguire, e badare a queste magagne lascia il tempo che trova. Però è meglio di un qualunque Vincenzo Natali. I pupazzi nell’horror fanno sempre una discreta paura: stavolta la maschera ricorda un po’ Deliria di Soavi.
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